Vivere in un container senza riscaldamento, senza corrente elettrica, senza acqua. Un container nel quale piove dentro, soprattutto in questi giorni. Melchiorre Cavaitano ci vive da quattro anni. E adesso più che mai ha bisogno di un tetto, di una casa vera, di una casa popolare, magari. Sì, adesso. Perché una volta passato dicembre non avrà neppure quel container nel quale stare. E perché le sue condizioni di salute sono sempre più complicate, sempre meno compatibili con la vita in un posto nel quale entrano pioggia e freddo.
Se, infatti, siamo qui a raccontare la sua storia è grazie all’ambulatorio che lo ha intercettato e che si sta prendendo cura di lui dopo anni in cui lui, che non ha nemmeno il medico di base, aveva smesso di prendersi cura di se stesso. Si tratta, per l’esattezza, dell’ambulatorio aperto dall’associazione di volontariato “Le Ali di Leonardo“ nel quartiere di Ponte Lambro. Un piccolo ambulatorio nel quale i 7 infermieri della onlus assistono gratuitamente gli inquilini delle case popolari e, in generale, gli abitanti del quartiere che ne hanno bisogno. Non l’unico ambulatorio: l’altro è al Calvairate-Molise.
Melchiorre ha 69 anni e deve seguire una terapia ipertensiva: "La prima volta che gli sono stati misurati i parametri vitali – fa sapere Gabriella Scrimieri, coordinatrice infermieristica e presidente della onlus –, aveva la pressione a 200: un valore da allarme". Ma durante la visita è emerso anche altro: "Melchiorre – prosegue Scrimieri – ha rantoli polmonari che fanno supporre stia covando una broncopolmonite. Ha un’ulcera a rischio setticemia al piede, può essere sia da piede diabetico".
Il container nel quale sta da quattro anni è all’interno di un’officina meccanica di Ponte Lambro. Un container in mezzo ad altri, con la differenza che il suo è abitato. Il proprietario dell’officina sa della sua presenza, in questi anni ha lasciato che stesse lì. Ma, come anticipato, lo lascerà lì solo per un altro mese perché poi, per quella che oggi è la sua officina, ha altri progetti.
Eccoli i due motivi per i quali occorre fare in fretta: la precarietà delle condizioni di salute di Melchiorre e la precarietà della sua situazione abitativa. Melchiorre ha detto di aver fatto richiesta di una casa popolare tre mesi fa, con l’aiuto di un’associazione di volontariato del quartiere che lo ha aiutato a presentare la domanda all’Aler di Milano. Al momento non ha avuto riscontri. Tramite la stessa associazione di volontariato dice di aver fatto richiesta dei pasti gratuiti ai servizi sociali del Comune di Milano. Anche in questo caso è in attesa di riscontri.
Nel frattempo, dal lunedì al venerdì pranza coi pasti gratuiti che i servizi sociali consegnano ad un inquilino di un caseggiato vicino al container: questi li ritira ma poi li cede a Melchiorre. Alla sera e nei finesettimana Melchiorre deve provvedere ai pasti a proprie spese. E senza poter comprare nulla che debba essere cucinato perché, come detto, non ha nulla in quel container: né gas né elettricità. Alla sera accende candele. E sta in quel container a lume di candela con la sua gioia più grande: Luna, una cagnolina di piccola taglia che, quando lui non c’è, fatica pure a mangiare.
Melchiorre assicura che della sua storia non ha nulla da nascondere. Non abbiamo né motivi per dubitarne né elementi per esserne del tutto certi. Ma poco importa: quello che appare evidente è il bisogno di questo 69enne dal fare gentile, dal sorriso pronto, nonostante tutto.
Racconta di essere nato in Sicilia nel 1954, di essere arrivato a Sesto San Giovanni ancora bambino, al seguito del padre che era riuscito a farsi assumere alla Breda, storica officina di treni, autocarri, macchine agricole. In quelle officine troverà posto anche lui: "Nel 1976 sono stato assunto come autista di mezzi meccanici, avevo preso la patente per guidare i treni e li portavo da una parte all’altra delle officine". Dopo 8 anni decide di cambiare lavoro: "Mi ero sposato, avevo due figli e mi serviva uno stipendio più alto così iniziai a fare il camionista, un lavoro che mi piaceva molto, andavo ovunque servisse: dalla Slovenia alla Russia".
Ad un certo punto, però, nel settore entrano le cooperative e la qualità dei contratti e della retribuzione cala. Non basta. "Tra il 2004 e il 2005 sono stato costretto a separarmi da mia moglie. E ho perso tutto: ho perso la casa nella quale avevo investito i risparmi e la liquidazione, ho perso i rapporti coi figli". L’ultimo colpo della sorte è stato l’incidente stradale del 2018: "Mi sono rotto torace, costole e il metatarso del piede (lo stesso piede affetto dall’ulcera ndr). Non ero più in grado di lavorare, non potevo guidare. E mi hanno lasciato a casa".
Un anno più tardi, nel 2019, Melchiorre inizia a vivere in strada: "Non avendo più uno stipendio, non riuscivo a pagare l’affitto: mi hanno sfrattato". Da allora non ha più avuto una casa. Il giorno in cui è diventato pensionato lo ricorda senza esitazioni: "Il 23 dicembre del 2021". Da allora ha una pensione di 970 euro al mese. E con questi soldi sta cercando di rimettersi sui binari, lui che lungo i binari ha guidato per anni in quel di Sesto. Cerca una casa, meglio se popolare, considerato quanto costa la vita a Milano. Una casa che gli consenta di vivere con la pensione che ha. E con la sua Luna.
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