MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Da smart worker a clochard: “La vita sulle strade di Milano, tra balordi e solidarietà”

Aurelio Ferro, 62 anni, dormiva in piazza Duca d’Aosta e su un bus notturno. “Dopo anni duri, ho superato l’esame per addetto antincendio: ora ho un posto”

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Aurelio Ferro ha trascorso tre mesi di vita in strada dall’11 aprile a fine giugno (Ansa/Andrea Fasani)

È difficile prendere sonno, sdraiato su un’aiuola di piazza Duca d’Aosta. Quando ai pensieri tristi si aggiungono minacce (“se ti fai ancora vedere qui, ti taglio la gola”) e il peso di una vita che ha preso una piega diversa dalle aspettative, come fosse di un altro, si cerca sollievo come si può. “La mia evasione è la musica afroamericana. Ascoltavo tantissime canzoni con le cuffie prima che me le rubassero insieme allo zaino. La vita in strada è stata durissima. Ora non vedo l’ora che arrivi il primo stipendio: per prima cosa, mi comprerò delle cuffie nuove”. Aurelio Ferro, di 62 anni, racconta al Giorno la sua (ex) vita da clochard, vissuta dall’11 aprile alla fine di giugno. Quando ha iniziato a lavorare. “Un’opportunità che mi è arrivata come un dono grazie a un angelo che mi ha aiutato: ho frequentato un corso, ho superato un esame e ora sono un operatore per la sicurezza antincendio”. Luogo di lavoro: la stazione Centrale. Che ora vede con altri occhi, dopo averla vissuta da senza dimora.

Qual è la sua storia?

“Sono di Milano. Da ragazzo mi sono diplomato al liceo scientifico, poi ho svolto diversi lavori. Prima da un concessionario d’auto, poi scrivendo per una rivista musicale e lavorando per una compagnia di assicurazioni. Durante la pandemia lavoravo in smartworking; dopo la separazione dalla mia compagna mi sono trasferito in provincia di Varese. L’affitto non mi è stato rinnovato, di conseguenza ho perso anche il lavoro (che praticavo da casa) e non sono riuscito a trovarne un altro, un po’ per l’età e un po’ per il difficile periodo. Ho perso tutto”.

E poi?

“Sono stato ospitato da mia sorella a Marrakech, dove sono arrivato a novembre del 2022. Speravo di poter cambiare vita ma così non è stato. Quindi il 10 aprile scorso sono tornato a Milano. Non mi sentivo più io, volevo costruire qualcosa nella mia città. Non avevo nulla: sul conto, 1,23 euro”.

Dove mangiava e dormiva?

“Per il cibo mi arrangiavo con le mense per i poveri. Per la notte, non me la sentivo di andare nei dormitori e stavo all’aperto, accanto alla stazione Centrale. Una notte mi sono avvicinato alla fonanella per bere e uno spacciatore arabo mi ha detto in malo modo che quello era il suo posto e ha aggiunto che se fossi tornato mi avrebbe tagliato la gola. Un altro mi ha urlato in piazza IV Novembre di non farmi più vedere. Qualcuno mi ha rubato lo zaino mentre dormivo. Così ho deciso di dormire su un autobus notturno, quello che percorre la tratta della M2. Lì ho subìto il furto del secondo zaino”.

Ha trovato anche solidarietà?

“Sì. Sul bus salivo insieme a un altro clochard italiano, di 71 anni. E ho conosciuto un altro senza dimora, Abdul, con problemi di alcolismo ma innocuo. Una sera è passato un giovane (volontario dei vigili del fuoco, dipendente della ditta per cui ora lavoro) che lo ha salutato e mi ha notato. “Sei diverso dagli altri“, mi ha detto. Si chiama Antonino Presti: mi ha salvato. Si è interessato a me, mi ha proposto di frequentare un corso per addetto antincendio, a spese dell’azienda. L’ho fatto. Ho affrontato un esame e l’ho superato. Ora ho un lavoro. La prima volta che ho indossato la divisa mi sono emozionato. Non vivo più per strada, l’azienda mi ha messo a disposizione anche una stanza”.

In cosa consiste il suo lavoro?

“Controllo che non ci siano fumi (anche solo di mozziconi) o liquidi sospetti a terra. Nel caso, intervengo o allerto chi di dovere. Indirizzo le persone verso le uscite disponibili, ad esempio se un treno arriva nel cuore della notte. Ora mi sento bene, mi sento utile. Prima della pensione (mancano meno di 5 anni) sento di poter dare ancora molto”.

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