
Cernusco sul Naviglio rende omaggio a Oriani e a Roberto Camerani, testimone sopravvissuto
La lotta per la libertà, il lager, la morte e la salvezza. Cernusco rende omaggio a due figure che appartengono alla coscienza collettiva. Giornata della Memoria in onore di Virginio Oriani e Roberto Camerani, il ragazzo ucciso dai nazisti e l’instancabile testimone della deportazione che riuscì a uscire dal campo. La cerimonia con i familiari, il loro dolore senza fine davanti alle pietre di inciampo che la città ha posato cinque anni fa per non dimenticare mai. La vicesindaca Paola Colombo cita Primo Levi: "Un momento necessario, ‘perché tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo’".
"All’ospedale ripresi lentamente coscienza del mondo, forse poteva durare". È il primo pensiero che Roberto Camerani scrisse anni dopo sulla liberazione da Mauthausen e il suo ricovero in Austria. Accompagnò le scolaresche nei luoghi dell’orrore, rivivendo ogni volta la tragedia di quell’esperienza. Stessa tempra per il giovanissimo Virginio, che a soli 16 anni scelse la Resistenza, fu arrestato nel ‘43, e morì a Ebensee un anno dopo.
Due esempi, capaci di raccogliere intorno a sé l’intera Cernusco. La figlia Adele tiene vivo il ricordo di Roberto, il giovane balilla che a un certo punto scelse di andare controcorrente rischiando la vita per il sogno della democrazia. Cesarino Oriani quello di zio Virginio, il ragazzino catturato il 18 dicembre 1943, imprigionato per 5 mesi a San Vittore e da lì in Germania, prima a Mauthausen e poi Ebensee. A strapparlo all’oblio è stato proprio l’amico Roberto Camerani. "Al momento dell’arresto aveva ancora le biglie in tasca per giocare". "L’ho visto quando, ormai moribondo, l’hanno portato al crematorio". La sua fine lasciò un segno profondo nel compagno diventato anche lui partigiano dopo l’8 settembre 1943. A Mauthausen gli incidono sul braccio il numero 57555, lo spogliano, gli tolgono la dignità. Trasferito a Ebensee, scava pietre e perde 30 chili. All’arrivo degli americani non riusciva più a muoversi. "Un giorno in più e sarebbe stato troppo tardi", raccontava. I liberatori gli danno 12 zollette di zucchero e paglia per riscaldarsi. E Roberto riesce a tornare a casa. Per tanti anni tace, poi nel suo cuore inizia ad ardere il fuoco della testimonianza e sino alla sua scomparsa, nel 2005, parla ai ragazzi.