
Un gruppo di partigiane nel quartiere Brera di Milano il 26 aprile 1945
Nel grande romanzo della Resistenza milanese, le pagine più intense furono scritte da uomini e donne comuni – se comuni possono definirsi le persone che seguono. Come Gina Galeotti Bianchi, “Lia”, che all’ottavo mese di gravidanza fu falciata da una scarica di mitra tedeschi mentre pedalava per andare all’ospedale incaricato di curare i partigiani feriti. O come Eugenio Curiel, “Giorgio”, anima intellettuale che unificò giovani di tutte le ideologie nella lotta antifascista e fu ammazzato dalle camicie nere il 24 aprile 1945, alla vigilia della Liberazione. O ancora Giancarlo Puecher Passavalli, lo studente cattolico di vent’anni che organizzò le prime bande partigiane milanesi e che, dopo la cattura, resistette a giorni di interrogatori e venne fucilato con i nomi dei compagni ancora chiusi tra i denti: prima di morire, perdonò tutti i militi del plotone di esecuzione. Milano, oggi distratta e dimentica, almeno una volta l’anno dovrebbe fare i conti con questi fantasmi. Non per retorica, ma perché certi debiti non si estinguono mai.