di Stefania Totaro Si gioca in appello la sorte del muratore accusato di avere ucciso il vicino di appartamento. Il 3 febbraio si terrà il processo di secondo grado per Mario Zaffarana, 60enne condannato dalla Corte di Assise di Monza a 21 anni per omicidio volontario, ma senza premeditazione, per la morte di Michelangelo Redaelli, disoccupato pregiudicato di 54 anni di Solaro trovato sgozzato nel box della sua abitazione il 23 dicembre 2017. Zaffarana era imputato di omicidio volontario con le aggravanti della premeditazione e dei motivi futili e abietti. Per lui il pm Carlo Cinque aveva chiesto l’ergastolo. Movente del delitto vecchi e incancreniti dissidi condominiali. Contro Zaffarana l’indizio che lui avrebbe raccontato alle amiche di un cadavere trovato nel suo condominio la sera del 22 dicembre, mentre il ritrovamento risale al giorno dopo. E una traccia di dna (compatibile con quello del muratore) sulla giacca della vittima. Ma l’imputato ha sempre respinto l’accusa. "Non sono io l’assassino di Redaelli. Non è vero che gli ho detto che prima di cambiare casa gliela avrei fatta pagare", sostiene. "Non c’è stato alcun pregiudizio nei confronti di Mario Zaffarana - ha invece sostenuto il pm nella sua requisitoria - Gli investigatori hanno passato al setaccio tutte le ipotesi esistenti, come la pista della relazione sessuale e quella del regolamento di conti nell’ambito dello spaccio. Anche il prelievo del dna è stato fatto a tutti gli inquilini del condominio e l’unico emerso è stato quello dell’imputato. Ma non all’interno del palazzo, che lui sostiene di avere costruito, ma sul giubbetto della vittima. E Zaffarana è stato l’unico che si è detto preoccupato per il prelievo del dna". Secondo Carlo Cinque, Zaffarana ha "pianificato la condotta omicida e ha avuto la freddezza di trovarsi l’alibi che doveva andare a firmare il rogito della ...
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