GIULIA BONEZZI
Cronaca

"Vicini ai malati, anche con taxi e telefono"

I mesi dell’emergenza visti dall’associazione Amo, che da quarant’anni assiste i pazienti oncologici dell’ospedale San Carlo.

di Giulia Bonezzi

Erano quelli che portavano la colazione colazione al day hospital oncologico, e si son trovati a gestire al telefono l’angoscia di chi non sapeva se tra due mesi avrebbe potuto fare un controllo. Da organizzare happy hour per degenti e familiari a procurare un taxi a un malato di cancro perché non buchi la chemioterapia, il passo non è stato breve. Tutto è cambiato in una quindicina di giorni tra febbraio e marzo, anche per l’Associazione oncologica milanese Amo la vita onlus, una di quelle realtà diffuse e preziose che sostengono i malati dall’interno degli ospedali, non solo con fondi ma con professionisti e volontari. Amo ha compiuto i suoi primi quarant’anni in emergenza Covid, ed è un punto di vista particolare sulla pandemia quello che può dare l’associazione con base al quarto piano area D dell’ospedale San Carlo, di fronte alla segreteria dell’Oncologia; che ha il primario Mauro Moroni come vicepresidente e come bacino la periferia Ovest, i trecentomila abitanti dei Municipi 6 e 7 e il primo hinterland di Cesano Boscone e Corsico.

"Una percentuale alta dei nostri pazienti sono anziani soli, malati cronici che non hanno un supporto familiare, che fanno fatica a spostarsi, ad accedere alle cure e rischiano di non volere curarsi più", chiarisce Giuseppe Villarusso, che è un counselor, un "facilitatore della cura". Uno dei tre professionisti, oltre a due ricercatrici che lavorano al San Carlo e i cui contratti sono sostenuti dall’associazione, rimasti in pista quando le norme antiCovid hanno imposto di lasciare a casa i quindici volontari. Così lui, la collega Lorenza Borra e Andrea Passoni, psicoterapeuta, si sono rimboccati le maniche per tenere in piedi quanto più possibile dei progetti di "umanizzazione della cura" che qui al Borromeo consistono spesso in cose molto concrete, come l’aiuto per organizzare gli appuntamenti e il supporto alle dimissioni, "un momento importantissimo - spiega Villarusso -: con l’autorizzazione del paziente ci facciamo carico di coordinare le sue necessità, capire qual è la sua situazione sociale, con quanto vive, attivare la rete dal medico di base agli assistenti ai custodi sociali, istruire e tenersi in contatto con gli eventuali caregiver, andare a casa a verificare l’aderenza alle terapie e le abitudini alimentari, attivare l’assistenza domiciliare integrata..." Diverse di queste attività garantite l’associazione (che si sostiene con donazioni e 5 per mille, il suo codice fiscale è 04764100154) è stata costretta a sospenderle durante l’emergenza, ad esempio "il servizio di prelievo di sangue a domicilio, la fornitura gratuita della parrucca per le donne. Non potendo più utilizzare la nostra auto, abbiamo cercato e pagato i taxi a chi aveva difficoltà a raggiungere l’ospedale per le terapie salvavita". E fornito mascherine ai pazienti per entrare, e saturimetri al San Carlo. "Adesso stiamo riprendendo pian piano tutte le attività, aspettiamo solo che possano rientrare i volontari", spiega il counselor dell’associazione che nel pre-Covid intercettava 5060 pazienti al giorno in tre sale d’attesa.

Ma anche durante il picco pandemico ha continuato a seguirne una trentina attraverso lo sportello telefonico, chiamandoli per raccomandar loro di rimanere a casa e sapere di cosa avessero bisogno. E rispondendo, "all’ansia di chi si domandava se la sua visita a maggio sarebbe stata rimandata, alla paura di non sapere cosa fare in una situazione che creava confusione nelle persone forti, figuriamoci in anziani che contano sulle proprie abitudini e per i quali ogni cambiamento è terribile – chiarisce Villarusso –. Non abbiamo la bacchetta magica: abbiamo cercato di dare semplicità, di rassicurare. A volte bastava loro essere ascoltati".