SIMONA BALLATORE
Cronaca

Università, fuga da Veterinaria: rischio burnout e paga bassa

In calo i candidati ai test. L’esperto: "Professione che affascina ancora, ma c’è sfiducia all’ingresso: si cambia percorso o si va all’estero"

Veterinaria a Lodi

«Non cambierei questo lavoro per nulla al mondo. Ma capisco che le giovani generazioni si stiano disinnamorando: o scelgono di fare altro o vanno all’estero". Sebastiano Gerosa, 39 anni, si è laureato 12 anni fa in Veterinaria all’università Statale di Milano. Dopo avere fatto la "gavetta", oggi lavora nel gruppo Darwin, si occupa anche di animali "non convenzionali" ed è consulente scientifico per corporate. Sotto la lente il calo delle iscrizioni al test d’ingresso per la Facoltà, sia a livello nazionale - in 9.524 si presenteranno alle selezioni l’8 settembre contro gli 11.826 di un anno fa - sia a livello milanese, dove le domande sono diminuite di un quarto: saranno 1.095 (erano 1.425) a contendersi però solo 88 posti.

Colpa dei test troppo selettivi?

"Non credo. Piuttosto penso giochino diversi fattori. Il lavoro del veterinario è pesante, sia per le ore di lavoro sia dal punto di vista emozionale, tant’è che in tutto il mondo è uno di quelli col più alto tasso di burnout e, purtroppo, di suicidi. In più in Italia i veterinari sono quasi tutti a partita Iva, non ci sono malattie, maternità, ferie pagate. Ha sempre attirato molto, è un bel lavoro, ma tutti questi aspetti demotivano chi sta per cominciare il mestiere. Con i social i giovani si informano sulle prospettive occupazionali: c’è sfiducia all’ingresso".

Nonostante sia cresciuta la sensibilità nei confronti degli animali?

"Paradossalmente anche questo può incidere, aggiungendo carichi emotivi. A volte si presentano persone anche aggressive perché temono per la salute del proprio animale, come succede per gli umani, d’altronde. Si ha paura a prendersi la responsabilità di un paziente".

Quanto guadagna in media un veterinario a Milano?

"Se è di un certo livello prende sui 25 euro all’ora lordi, in media in Lombardia parliamo di 15/16 euro all’ora. C’è anche chi inizia a lavorare gratis, io prendevo 7 euro 12 anni fa. Oggi posso ritenermi tra i fortunati, ho un mio gruppo, ma ho investito molto nella formazione continua: all’inizio spendevo un terzo di quello che portavo a casa. Si fa fatica a trovare medici. Tanti appena laureati vanno all’estero, anch’io qualche volta sono stato tentato. Ho ricevuto un’offerta dall’Australia anche due giorni fa, dove gli stipendi sono molto diversi. Adoro il mio lavoro, ma un giorno sì e uno no ci penso, lo confesso".

Che fare per invertire la rotta?

"Assumere i veterinari. E c’è un miraggio in fondo a tunnel: è il sistema delle assicurazioni per le spese veterinarie, che funzionano per esempio in Inghilterra. Secondo me qualcosa cambierà a breve, la bolla sta scoppiando".

In tutto questo, aumentano gli animali di compagnia dei quali prendersi cura a Milano.

"Assolutamente sì, e in aumento sono soprattutto gli animali non convenzionali. Penso per esempio al coniglio, ma anche a pappagalli, tartarughe e rettili. È una professione che permette di studiare tutti i giorni e di fare giusta comunicazione e informazione per tutelarli".

La laurea in veterinaria sarà abilitante: secondo lei questo servirà ad attrarre più ragazzi?

"Dopo 64 esami tosti non è l’esame di Stato a preoccupare. Servono proprio riflessioni mirate sul settore".

E il test d’ingresso ha ancora senso?

"Sì, non lo toglierei. Un numero elevato di veterinari comunque porterebbe a situazioni che si verificavano dieci anni fa, con giovani che lavoravano gratis. Oggi mancano i veterinari ma perché si guadagna di più a fare gli ’addestratori’ o perché si guarda oltre confine".