
"Una cosca anche in città" Gestiva il bar delle toghe Chiesti 19 anni per Aquilano
Per la Procura è un “gruppo“ di ndrangheta ben radicato in città, "alleato eo collegato alla cosca dei “Mancuso“" di Vibo Valentia. Un’"associazione mafiosa" che puntando sulla "forza di intimidazione del vincolo associativo" agiva in proprio a Milano, nell’hinterland e anche all’estero (per esempio a Ibiza) soprattutto nel traffico di droga e nel “recupero crediti“ con estorsione. In uno degli episodi contestati, anche a favore di un’avvocata, Viola Moretti, che voleva riprendersi 44 mila euro da un suo ex. Il capo milanese del gruppo sarebbe Luigi Aquilano, 53enne marito di Rosaria, figlia dell’85enne Antonio Mancuso capobastone della “locale“ di Limbadi nel Vibonese. Aquilano per qualche anno ha anche gestito un bar in via Manara proprio davanti a Palazzo di giustizia, molto frequentato da magistrati e avvocati.
Per lui la pm Alessandra Cerreti, che ha coordinato l’inchiesta con oltre venti imputati ora a giudizio abbreviato davanti al gup Guido Salvini, al termine della sua requisitoria ha chiesto 18 anni di reclusione. Non è un processo scontato, però, questo che andrà a sentenza a metà settembre. Sullo sfondo, infatti, resta la profonda divergenza di vedute che ha diviso la procura e il gip Lidia Castellucci. "Le risultanze della presente indagine - scrisse il giudice - se, da un lato, confermano la presenza sul territorio lombardo di soggetti legati da vincoli familiari con la famiglia ‘ndranghetista Mancuso, dall’altro non hanno documentato l’esistenza, fuori dalle aree di origine, di un’associazione mafiosa connotata da un impegno reciproco e costante, funzionalmente orientato alla struttura e alla attività dell’organizzazione criminosa". E così il gip respinse ben 26 misure cautelari richieste un anno fa.
Il pm Cerreti ha però ribadito anche davanti al gup Salvini la propria convinzione: non episodi isolati di traffico di droga o estorsione, ma gruppo mafioso autonomo, quello di Aquilano, anche se con stretti legami nella terra di origine. Così il pm ha chiesto tra le pene più alte anche 14 anni di reclusione per Salvatore Comerci, altro genero del boss Mancuso avendone sposato l’altra figlia; 14 anni per Giuseppe Di Giacco, braccio destro di Aquilano nel traffico di droga; 12 per Nicola La Valle, che pur trovandosi in affidamento al servizio sociale, "svolgeva un ruolo di collegamento tra l’associazione mafiosa milanese e la cosca calabrese". L’avvocata Moretti rischia il rinvio a giudizio, mentre i due che avrebbero condotto “recupero crediti“ per lei insieme ad Aquilano - uno "contiguo" a cosa nostra siciliana, l’altro alla sacra corona unita - vogliono i patteggiare.
Mario Consani