"Una bomba ecologica a scoppio ritardato"

Così Marino Ruzzenenti, che scoperchiò il caso Caffaro. Per gli ambientalisti, la “terra dei fuochi“ è qui

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Obiettivo 2032 per rimuovere gli oltre 86 chilometri quadrati di cemento amianto censito in Lombardia, ma resta il problema delle due discariche attive, la Ecoeternit di Montichiari nel Bresciano e la Acta di Ferrera Erbognone nel Pavese. Ma il fabbisogno stimato per la regione nei prossimi 7 anni richiederebbe un volume aggiuntivo di circa 350 metri cubi.

Un’ottantina tra epidemiologi, medici del lavoro, ricercatori, epidemiologi, ingegneri, tecnici della prevenzione e scienziati ha firmato l’appello per la realizzazione di nuove discariche controllate, "la soluzione migliore in termini ambientali ed economici". Il tema va affrontato su scala nazionale, visto che gli impianti disponibili ad accogliere questi rifiuti sono pochissimi e tutti concentrati nel Nord del Paese, per cui la maggior parte dei rifiuti vengono portati all’estero con costi esorbitanti. D’altro canto però la presenza di questi impianti crea forti spaccature nei territori – sebbene il rischio dell’amianto sia legato al rilascio di fibre, mentre la sola presenza di cemento amianto non degradato non è un pericolo – anche per effetto di gestioni non sempre corrette che alimentano la paura di chi vive accanto alle discariche.

Marino Ruzzenenti, storico e ambientalista bresciano che nel 2001 scoperchiò il caso Caffaro, evidenzia le criticità di questi impianti in un territorio ribattezzato “terra dei fuochi“ per le discariche già presenti di amianto e rifiuti speciali e per quelle “fantasma“ ancora da scoprire. "La questione è alquanto controversa – spiega Ruzzenenti – L’amianto fa paura e le popolazioni non ne vogliono sapere di ospitare un materiale che appare a tutti gli effetti una bomba ecologica a scoppio ritardato".

F.P.

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