
Umberto Smaila all'Hosteria della Musica alla Ferrovia
Milano, 10 ottobre 2018 - Annusa l'aria, si guarda attorno per cercare spunti tra la gente che è tutta lì per lui e poi dà il via al suo repertorio versatile, perché ad uno che è stato ed è cabarettista, attore e musicista, basta l’attimo fuggente. Si autodefinisce: «Sono un juke box umano». Felice di esserlo. Come è sempre stato. E come continua ad essere.
Stavolta, tutti i giovedì sotto le volte di un’Hosteria della Musica alla Ferrovia che sembra prestarsi allo stile dinner club, cena spettacolo con affaccio su piazza Duca d’Aosta ed ultimo capolavoro di una holding (la Milano Restaurant Group) che gestisce già sette locali in una città che lui, Umberto Smaila, adora e sente sua. Perché se è vero che il cuore resta sempre dove sei nato (a Verona), lui è qui che vive da una quarantina d’anni, con il suo amore folle per il Milan e i ricordi intatti di quando, giovanissimo, andava al Derby Club ad imparare dai grandi come Jannacci, Villaggio, Cochi e Renato, compreso quel giorno che in sala entrò un certo Gianni Rivera, e a vederlo, gli sembrò di svenire dall’emozione. È Uun giovedì da pienone all’Hosteria di via Pirelli 1, con il format «Smaila’s» in cartello almeno fino a tarda primavera. Pubblico abbastanza giovane, con predominanza 35-50 anni e ambiente easy, in un locale dilatato, un po’ bistrot e un po’ lounge, dove il cibo (buono) non è un tiranno che si prende la scena ma il complice di una serata che si annuncia lunga sotto le luci Disco del palco, discrete ma allusive. Lo sono. E infatti, a forza di allusioni, alle 23, l’Umberto one-man show si toglie la veste da commensale per salire sul palco, il figlio Rudy a fargli da spalla, Simone alla chitarra, Liano alla batteria, Tony alle tastiere e Nicola al basso. Debutta con l’autoironia, tipo «Ma guarda lo Smaila: in Tv sembra grande, grosso e vecchio. E invece dal vivo, è proprio un bel ragazzo». E poi via con le canzoni, tra una «We are the World» inossidabile, una «Stand by Me» intimista, la «Verona Beat» dedicata ai mitici «Gatti di Vicolo Miracoli» e l’omaggio immancabile ad Elton John, prima di affidare al figlio Rudy il compito di mettere ritmo e scaldare la platea.
È così: «Jo quiero estar contigo» è uno scossone e i commensali cominciano ad agitarsi. E con «Sofia» di Alvaro Soler la cena-spettacolo diventa discoteca, le coppie e le compagnie di mischiano e le donne, più degli uomini, conquistano la scena quando irrompe «Johnny B. Goode» e il boogie fa il verso al rock’n’roll. Umberto adesso è tra i tavoli ma è lui a condurre adesso le danze, con la sua voce potente e intonata che attraversa il meglio degli Anni ’70, si esalta con la datatissima «Saint-Tropez Twist», l’iconica «Viva la mamma» e la divertente «Banane e Lamponi». Mentre la gente lo acclama e le più giovani lo assediano per un selfie da postare su Instagram. È un trionfo, anche se il personale del ristorante deve praticare lo slalom per accontentare chi è ancora incollato a tavola. Tant’è. Scena e atmosfera ispirano le analogie: nella bella «Hosteria della Musica alla Ferrovia» pare di essere in crociera, anche se, certo, a due passi non c’è il porto di Barcellona ma la Stazione Centrale. Prossimo attracco, domani sera, seguendo rotta e pentagramma decisi dal comandante Smaila. E la nave va!