REDAZIONE MILANO

Caso Uber, i rider escono dal processo milanese. Il risarcimento? Cinquemila euro a testa

Revocate le costituzioni come parti civili: cento fattorini sfruttati rinunciano a ulteriori indennizzi. Sotto processo la manager Gloria Bresciani, caporalato e lavoratori pagati tre euro all’ora a cottimo

Uber è uno dei colossi del delivery che da anni operano sulle strade di Milano

Uber è uno dei colossi del delivery che da anni operano sulle strade di Milano

Milano, 26 febbraio 2022 - Cinquemila euro a testa, per uscire dal processo milanese a carico della manager di Uber (sospesa) Gloria Bresciani accusata di caporalato e rinunciare quindi a ulteriori indennizzi. Un centinaio di rider, che si erano costituiti parti civili, hanno accettato risarcimenti per un totale di circa mezzo milione di euro messi sul tavolo dalla multinazionale del delivery. È quanto è emerso dall’udienza di ieri: già lo scorso ottobre, con la condanna con rito abbreviato per Giuseppe Moltini, uno dei responsabili delle società di intermediazione coinvolte, il gup Teresa De Pascale aveva convertito un sequestro da circa 500mila euro in contanti, disposto nelle indagini, in un risarcimento da 10mila euro a testa per i 44 fattorini per un totale di 440mila euro. Ieri il giudice Mariolina Panasiti ha dato conto, infatti, che i circa 100 rider, rappresentati da una serie di legali, hanno revocato le costituzioni, uscendo quindi dal procedimento, dopo aver ottenuto i risarcimenti nel processo in cui è responsabile civile Uber Italy.

A seguito dell’indagine del pm Paolo Storari, il 29 maggio 2020, era stata commissariata la filiale italiana del colosso americano. Amministrazione giudiziaria poi revocata nel marzo 2021 dai giudici della Sezione misure di prevenzione dopo il riconoscimento del percorso 'virtuoso' intrapreso dalla società. Come emerso dall’inchiesta del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Gdf di Milano, i rider venivano "pagati a cottimo 3 euro", "derubati" delle mance e "puniti" con decurtazione dei compensi se non stavano alle regole. Nel processo, al momento, restano parti civili la Cgil milanese.Il giudice ha dato atto, inoltre, che sono in corso trattative, come riferito dalle parti, anche tra il responsabile civile e i sindacati per arrivare eventualmente a concludere ulteriori accordi di risarcimento.

I rider del servizio ‘Uber Eats’, come emerso dalle indagini, formalmente lavoravano per le società di intermediazione Frc e Flash Road City. Nella prossima udienza del processo (sono imputati anche la società Frc e una persona per reati fiscali), fissata per il 20 maggio, il pm convocherà in aula un teste di polizia giudiziaria per riassumere gli esiti delle indagini. Il giudice ha chiesto alle parti di cercare di ridurre il numero dei testimoni altrimenti, ha chiarito, "questo procedimento lo metterò in coda tra tre anni". E ciò perché alla nona sezione penale sono arrivati centinaia di fascicoli per maltrattamenti, stalking e violenze sessuali, procedimenti da "codice rosso" e che ovviamente devono avere la priorità. Accusa e difesa stanno valutando, dunque, la possibilità di acquisire direttamente i verbali dei rider già sentiti nelle indagini e così evitare una lunga 'sfilata' di lavoratori nel dibattimento e accorciare i tempi.