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Tutta un’altra città Citterio in Triennale: "Se Milano si svuota perderà creatività"

Le idee-icone del grande architetto in un libro-antologia. I suoi consigli sul nuovo modo di vivere la metropoli:. "Piccoli appartamenti, ma luoghi comuni e portineria h24".

Tutta un’altra città Citterio in Triennale: "Se Milano si svuota perderà creatività"

di Tommaso Papa

MILANO

Antonio Citterio, icona contemporanea del design italiano, compie 50 anni di carriera. E per festeggiarli, esce un libro-antologia-biografia che racchiude 430 delle sue 600 idee divenute oggetti: un bilancio che si riassume in due Compassi d’oro, decine di premi internazionali, nella celebrazione con la presenza dei suoi divani, delle sue lampade, delle sue cucine, ma anche delle sue posate, nelle più prestigiose raccolte artistiche del mondo. L’architetto, nato a Meda nel 1950 e laureatosi al Politecnico milanese nel ‘75, è un creativo che esalta la propria contaminazione con l’industria, è lui stesso imprenditore in campo architettonico e urbanistico. Il suo quartier generale in via Cerva, sede del grande studio fondato con Patricia Viel, raccoglie collaboratori provenienti da tutto il mondo. Con la moglie Terry Dwan è presente in Asia, negli States, e in ogni città dove è stato aperto un hotel della catena Bulgari. Alla Triennale Citterio ha sottolineato, tra l’altro, la responsabilità insita nel suo lavoro: "Il design non è solo estetica, ma cambia la storia e spesso la anticipa". Oggi - ha aggiunto - la sfida è incentrata anche sulla circolarità delle materie usate e sulla sostenibilità del progetto".

Architetto, lei e il suo studio siete impegnati nei piani di grandi urbanizzazioni all’estero, ad esempio a Hong Kong. La tendenza, sostiene, è di ridurre gli spazi privati: appartamenti piccoli, ma palazzi dotati di sale comuni e stanze da usare quando serve. Pensa che questo modello condiviso potrà imporsi anche qui?

"A Milano, ma potrei dire in Europa, la casa è ancora considerata un bene da investimento. Ma questo vale per le nostre generazioni. I millennials stanno cambiando prospettiva. La casa è un servizio, può essere qui o altrove se cambia il lavoro, è importante che abbia una portineria che funzioni 24 ore su 24, non che sia un mega loft. E’ un po’ come l’auto, ai ragazzi interessa poco possederne una, la noleggiano quando serve".

A Milano è bastata una tenda a far scoppiare il tema degli affitti alle stelle per studenti, ma anche per giovani coppie e neoassunti. Che risposte darebbe a questo problema?

"La chiave di volta è un intervento pubblico-privato. Assicurare affitti ragionevoli non può dipendere solo dal mercato. Ma le nuove generazioni sono un ottimo investimento anche per lo Stato. A Milano ci sono decine di migliaia di studenti fuori sede (si parla di centomila ndr) e, se penso alle potenzialità di questa città, potrebbero raddoppiare. Da soli, privati Comune, università non ce la potranno fare, ma insieme sì. E l’architettura potrà dare una mano a costruire studentati sempre più efficienti e abitazioni a costi ragionevoli".

Con quali ritorni per la metropoli?

"Se le città si svuotano, perdono di creatività e di interesse. Io spero che a Milano non succeda mai. Guardi New York: quando ci sono stato negli anni Settanta, pagavamo una notte in albergo 10 dollari e ci stavamo in 4, due dollari a testa. Ma la città era incredibile: piena di creativi, attori, musicisti, ricercatori visionari, di tutto. Un’esplosione di energie. Oggi una stanzetta col bagno costa 5mila dollari al mese, chi vuole che ci vada? All’opposto, Berlino: era una città grigia: in pochi anni l’iniezione di giovani energie l’ha trasformata".

Un altro dibattito d’attualità sotto la Madonnina è quello su San Siro. L’appassiona?

"Mi hanno già chiesto qualcosa in passato. Da vecchio interista quello stadio è pieno di ricordi. Ma non possiamo basarci sulla nostalgia. Nella contemporaneità i grandi stadi sono un po’ più piccoli, sui 50mila posti, ma restano aperti 365 giorni l’anno e molte ore al giorno, con negozi, ristoranti, aree di svago. Solo così sono economicamente sostenibili. E San Siro, anche se non lo vorremmo, non farà eccezione".