GIULIA BONEZZI
Cronaca

Stop al tumore al seno, adesioni allo screening: nel 39% che dice no le povere e le più ricche

Tra Milano e Lodi il 61% delle invitate si presenta alla mammografia Bergamaschi: "Non ci accontentiamo. Col servizio pubblico è più sicuro"

Il murale ispirato a Sant’Agata, protettrice dell’allattamento, che l’associazione Europa Donna sta portando in molte città italiane.

Milano, 31 ottobre 2023 –  Nell’area metropolitana perimetrata dell’Agenzia di tutela della salute del Milanese e del Lodigiano l’adesione allo screening per il tumore al seno è migliore rispetto a gran parte d’Italia e alla stessa Lombardia, che nel complesso si attesta al 50%: da gennaio a settembre di quest’anno 128 mila delle 210 mila milanesi e lodigiane invitate sono andate all’appuntamento (già fissato, ma l’interessata può modificarlo) con la mammografia gratuita. Il 61%, con un miglioramento di 15 punti percentuali rispetto agli stessi nove mesi del 2022 (110 mila adesioni su 207 mila inviti, 54%), dovuto soprattutto "alla risposta delle più giovani", le 45-49 enni alle quali è stata allargata l’offerta (una volta all’anno, mentre è biennale dopo i 50) dopo aver completato l’estensione verso l’alto (dai precedenti 69 a 74 anni) appena prima che la pandemia imponesse un freno, spiega Anna Rita Silvestri, responsabile dei programmi di screening dell’Ats Metropolitana: "Entro fine anno avremo recuperato tutti gli inviti alle 45-49 enni, poi dovremo lavorare ancora sulle adesioni".

Di questo lavoro fa parte anche un murale ispirato a Sant’Agata, protettrice dell’allattamento, che l’associazione Europa Donna sta portando in molte città italiane. La versione finale di quello di Milano, realizzato dalla street artist SteReal, sarà in zona Monumentale, accanto a quello che la stessa artista ha realizzato per Fraintesa, la travel blogger Francesca Barbieri uccisa a 38 anni da un tumore al seno. Bisogna lavorare ancora, sottolinea il direttore generale dell’Ats Metropolitana Walter Bergamaschi, perché quel 61% che commuove le associazioni abituate a chiedere ancora l’estensione delle fasce d’età o la piattaforma per prenotare lo screening direttamente, senza bisogno della lettera, implementata quest’estate in Lombardia, "non è assolutamente soddisfacente. Non ci possiamo accontentare, quando l’epidemiologia ci dice che il 39 per cento che non aderisce è composto soprattutto dalle fasce socio-economiche più svantaggiate. E per un’altra componente, invece, da chi preferisce un’offerta a pagamento, in una città piena di ambulatori privati, con un approccio consumistico che risulta meno efficace anche per se stessa".

È la presidente di Europa Donna Rosanna D’Antona, citando un sondaggio, a elencare alcuni "preconcetti" che muovono l’ala ricca del no allo screening pubblico: "C’è chi teme attese, chi preferisce il “suo” centro, persino chi ritiene un test gratuito “meno affidabile“". E invece, sottolinea Diego Iemmi del Gisma, a differenza della mammografia privata, quella dello screening pubblico viene letta da due medici esperti in "doppio cieco", il che giustifica la refertazione entro 21 giorni mentre se c’è necessità di un controllo di secondo livello (è successo a 6.356 milanesi e lodigiane nei primi sei mesi di quest’anno, in aumento del 51% rispetto al primo semestre 2021) si viene chiamate al telefono da persone esperte per fissare un appuntamento entro 28 giorni, preferibilmente nello stesso centro tra 17 strutture con 31 punti d’erogazione (che includono praticamente tutti gli ospedali pubblici e privati accreditati del Milanese e del Lodigiano). E c’è un’ampia organizzazione tra Ats e Regione, ricorda la direttrice sanitaria di Corso Italia Frida Fagandini, a vigilare sul rispetto dei tempi e sulla qualità "dell’intero percorso di cura, fino alle Breast Unit" cui approdano i controlli di terzo livello: i reali sospetti di cancro che, nella prima metà di quest’anno, sono stati 523.