Trivulzio, famiglie all’attacco: "La strage si poteva evitare"

Presentato l’esposto dei parenti di sessanta degenti morti per il Covid che chiedono chiarezza alla Procura

La conferenza stampa in streaming organizzata dai parenti delle vittime

La conferenza stampa in streaming organizzata dai parenti delle vittime

Milano, 17 giugno 2020 - La strage degli anziani ricoverati all’interno della struttura “Pio Albergo Trivulzio“, la storica Baggina di Milano, si poteva evitare. Come, in fondo, l’hanno evitata alcuni esempi virtuosi. Da questo presupposto partono i coordinatori e i firmatari del “Comitato Giustizia e Verità per il Trivulzio“ per elencare una serie di contestazioni, condotte con estremi di reato, che sarebbero stati commessi all’interno della struttura. Un lungo esposto-denuncia messo nero su bianco, elaborato sulla base delle terribili testimonianze provenienti dai familiari dei parenti morti, porta sessanta famiglie firmatarie a dire che quanto accaduto all’interno del Pio Albergo Trivulzio non era la conseguenza inevitabile del diffondersi di un virus contro il quale non si poteva fare nulla. "L’anomalo numero di decessi verificatisi al Trivulzio nel corso dell’emergenza sanitaria - scrivono nell’esposto - rappresenta il punto più basso di una lunga catena di condotte umane attribuibili a chi, forse per finalità di efficienza economica, non solo non si è attivato tempestivamente per impedire l’ingresso del virus all’interno della più grande RSA d’Italia, ma – una volta verificatisi i primi casi sospetti – poco o nulla ha fatto per impedire che il contagio si diffondesse in modo esponenziale, falcidiando le vite di chi, per ragioni di età e di salute, era più vulnerabile".

Ma c’è un altro elemento grave per l’associazione guidata da Alessandro Azzoni: il contagio ha poi valicato le mura del Trivulzio, diffondendosi in modo incontrollato, attraverso dipendenti e pazienti dimessi anche all’esterno della struttura, così contribuendo ad alimentare la tragedia collettiva che ha fatto della Lombardia un caso unico nel panorama nazionale. I firmatari che hanno costituito l’associazione “Felicita“, che poi materialmente ha depositato l’esposto, chiedono che la Procura li aiuti a capire cosa è successo in quei gironi d’inferno e per primi ravvisano, oltre ai reati di omicidio colposo e di lesioni colpose, già al vaglio della Procura una serie di altri reati: "Violazioni della disciplina prevista dal D. Lgs. n. 81/2008 in materia di salute e sicurezza sul lavoro", cioè la mancata adozione, da parte del Trivulzio, di procedure, protocolli e misure idonee a tutelare la salute dei lavoratori e dei pazienti del Pat (le mascherine e altri presidi) potrebbe integrare specifiche ipotesi di reato previste dal Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Un altro reato ravvisabile è il "delitti di disastro". La diffusione del virus e il conseguente propagarsi del contagio all’interno del Trivulzio costituiscono un disastro sanitario, che può tradursi in più delitti previsti dal codice penale. E ancora: delitto di "omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro (art. 437 codice penale)", delitto di "disastro ambientale (art. 452 quater codice penale)". E infine il delitto di "epidemia (art. 438 codice penale)".  

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