NICOLA PALMA
Cronaca

“Train surfing” in metrò, l’insensato fenomeno social: il buco nel codice penale e il rischio dell’impunità

Né interruzione di pubblico servizio né danni, difficile configurare un reato. Ma una proposta di legge prevede pene da 1 a 3 anni per le "sfide estreme"

“Train surfing” in metrò, l’insensato fenomeno social: il buco nel codice penale e il rischio dell’impunità

Non c’è stata interruzione di pubblico servizio: il macchinista del metrò non si è accorto dei due passeggeri abusivi in bilico sull’ultimo vagone del treno; e di conseguenza la marcia del convoglio in viaggio sulla linea verde non si è mai arrestata. E neppure si può configurare il danneggiamento, considerato che al momento non risultano guasti o lesioni alle strutture metalliche che hanno fatto da mini piattaforma alla censurabile bravata dei surfisti metropolitani.

È il paradosso delle cosiddette "sfide estreme", che si stanno pericolosamente diffondendo tra i giovani negli ultimi anni: chi lancia la challenge o ne accetta le regole mette a repentaglio la sua incolumità e in alcuni casi quella di altre persone, ma rischia poco o nulla dal punto di vista legale. Se nel caso delle scalate al Duomo, allo skyline di CityLife o al Meazza, i climber urbani mettono in conto una denuncia per invasione di edifici, i ragazzi che nei giorni scorsi hanno percorso alcune fermate della M2 (verosimilmente nel tratto compreso tra Cimiano e Cascina Gobba) aggrappati alla carrozza di coda sono al riparo pure da quella fattispecie. Il rischio, quindi, è che a un comportamento così pericoloso – e con alta probabilità di effetto emulazione per la diffusione tra i follower di foto e video postati sui social – corrisponda soltanto una sanzione amministrativa.

"Speriamo che il train surfing non diventi la nuova moda – ha messo in guardia sul Giorno Fabiola Minoletti, vicepresidente del Coordinamento dei comitati milanesi –. Se i giudici hanno stabilito, in alcuni casi andati a processo, che arrampicarsi sui monumenti “non costituisce reato”, lo stesso principio vale per i mezzi di trasporto? Siamo di fronte a un’inquietante deriva comportamentale che occorre affrontare seriamente". Il vuoto normativo è legato, come in tanti altri casi recenti, alla difficoltà del legislatore di stare al passo con la realtà e di saperne interpretare i cambiamenti per trovare contromisure adeguate e deterrenti tempestivi.

Su questo fronte, però, qualcosa si è già mosso un anno fa. Lo scorso 19 luglio, il deputato di Fratelli d’Italia Dario Iaia – primo di cinque firmatari dello stesso partito – ha depositato una proposta di legge che punta a introdurre nel codice penale l’articolo 580-bis "in materia di promozione e partecipazione allo svolgimento di sfide estreme". Nella premessa si fa riferimento anche al train surfing, "che consiste nell’aggrapparsi o camminare sui tetti dei vagoni dei treni o addirittura saltare da un vagone all’altro mentre il treno è in movimento": "Tali episodi si concludono spesso con la mera comminazione di una sanzione amministrativa, lasciando di fatto impuniti gli autori di tali azioni".

Da qui il nuovo articolo, che, nelle intenzioni di chi l’ha ideato, dovrebbe punire con la reclusione da uno a tre anni "chiunque, al fine di promuovere o partecipare a sfide estreme, di qualunque natura esse siano, pone in pericolo l’incolumità propria o altrui". La pena è aumentata, si legge ancora nel testo, "per i promotori", "se la condotta è diffusa mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione" o "se la condotta è posta in essere mediante l’utilizzo, in qualunque modo, di un mezzo di trasporto pubblico o privato".