Terrorismo, sei primule rosse sulla Senna

Milano, non solo Battisti: da Filippi a Tornaghi. Pene mai scontate, il colpo di spugna più vicino

Gli scontri nel 1977 in via  De Amicis dove fu ucciso Antonino Custra

Gli scontri nel 1977 in via De Amicis dove fu ucciso Antonino Custra

Milano, 12 febbraio 2019 - Il nome più celebre è quello di Giorgio Pietrostefani, l’ex di Lotta continua condannato a 22 anni di carcere (mai scontati) per l’omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi nel lontano 1973. Ma nell’elenco messo a punto dalla Procura generale su richiesta del Ministero, sulla scia della cattura dell’ex terrorista Cesare Battisti e in vista di una possibile ripresa della caccia ai latitanti, ci sono anche altri nomi. Quelli di cinque uomini e di una donna che tanti anni fa usarono le armi lasciandosi dietro una lunga scia di sangue ma senza averne mai pagato le conseguenze. Sono fascicoli sugli anni di piombo, riaprono ferite mai davvero rimarginate e devono fare i conti anche con il tempo che scorre e alla lunga estingue tutte le pene, ergastolo escluso. Ecco allora che i primi due dell’elenco rimandano proprio alle azioni sanguinose del gruppo in cui militava Battisti, i Proletari armati per il comunismo (Pac). Anche per questi suoi ex complici meno famosi, la giustizia è rimasta finora una parola vuota.

Lei è Paola Filippi, padovana oggi 66enne scappata Oltralpe nell’82, condannata in via definitiva nel ’91 a 20 anni e 11 mesi per concorso morale in uno degli omicidi di cui risponde anche Battisti, quello dell’agente della Digos Andrea Campagna, 25 anni, ucciso sotto casa della fidanzata nel quartiere milanese della Barona nell’aprile del ’79. Naturalizzata francese per matrimonio, stando alle cronache in questi anni Filippi avrebbe fatto l’interprete e l’aiuto psicologa in alcuni ospedali. I nostri codici stabiliscono che la pena non scontata si estingua dopo un periodo doppio rispetto agli anni di condanna, ma in ogni caso (eccetto l’ergastolo) non superiore a trent’anni. Per Filippi mancherebbero ancora due anni prima del colpo di spugna.

Stesso discorso per un altro compagno di lotta di Battisti nei Pac, Luigi Bergamin, condannato in via definitiva a 17 anni e 11 mesi per l’omicidio del macellaio mestrino Lino Sabbadin. Venne anche arrestato in Francia, verso la fine degli anni ’80, ma di lì a poco liberato e non estradato in base alla “dottrina Mitterrand”. Poi c’è Sergio Tornaghi, 60 anni, milanese, ex brigatista della colonna Walter Alasia condannato in contumacia all’ergastolo (pena che non può estinguersi) per concorso in otto omicidi tra cui quelli del direttore del personale della “Magneti Marelli’’ Renato Briano, ucciso il 12 novembre ’80, del dirigente della “Falck’’ Manfredo Mazzanti (28 novembre ’80) e del direttore sanitario del Policlinico Luigi Marangoni, freddato il 17 febbraio 1981. Vent’anni fa, nel 1998, Tornaghi venne arrestato a Bordeaux ma dopo una breve detenzione rimesso in libertà: la Francia ufficializzò così il suo diniego alla richiesta di estradizione. Vicenda analoga quella di Raffaele Ventura, condannato in via definitiva a 22 anni di carcere nel ’96 (la pena si estinguerà dunque solo tra sette anni) e mai consegnato alla giustizia italiana. Fu tra i responsabili in concorso morale per l’omicidio del vice brigadiere Antonino Custra nel maggio del ’77 in via De Amicis a Milano.

L’ultimo dei latitanti è un nome paticamente sconosciuto, come quasi dimenticata è la sua vittima: la guarda giurata Rosario Scalia, un ex bracciante salito nel Lecchese dal profondo sud e freddato a colpi di pistola durante una tentata rapina nella filiale della Banca agricola milanese di Barzanò nel febbraio di quarant’anni fa, una settimana dopo l’uccisione del gioielliere milanese Pierluigi Torregiani. Tra i condannati (a 19 anni e 8 mesi) per quell’omicidio ci fu anche Ermenegildo Marinelli, originario della Brianza, oggi 62 anni ex membro non di spicco dei Comitati comunisti rivoluzionari (Co.co.ri.), scappato in Francia nella cittadina di Vincennes dove, stando ad alcuni giornali, avrebbe aperto una società che si occupava di commercio all’ingrosso prima di ritirarsi dall’attività o, c’è chi dice, di aver addirittura lasciato questo mondo. Quel che è certo è che la guardia giurata Scalia, quando venne crivellato di colpi a nemmeno 27 anni, lasciò la giovane moglie Agata e due bimbi: Francesca, otto anni e Sebastiano, appena tre.

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