Cinquant’anni di Teatro Officina: "La ricchezza? Creare relazioni"

Spettacoli fuori dalle fabbriche, animazioni nei cortili popolari e progetti con le voci della gente comune. Il direttore artistico Massimo de Vita racconta la storia

Uno spettacolo al Teatro Officina

Uno spettacolo al Teatro Officina

Milano -  «Una bimbetta di 4-5 anni, impavida e divertita se ne stava seduta a gambe incrociate sul pavimento tra palco e platea. In nessun teatro di Milano si vedrà mai qualcosa del genere". Era il 14 aprile 1983 e così scriveva il quotidiano “La Notte“. A catturare l’attenzione del giornalista era stato non ciò che accadeva sul palco ma la scena qualche metro più in là. L’essenza del Teatro Officina è questa: considerare quel che c’è “attorno“ e portarlo al centro. "La ricchezza più grande costruita in questi anni è quella di incontri e relazioni", spiega Massimo de Vita, 85 anni, direttore artistico di questa fucina di via Sant’Erlembardo, zona Gorla, incastonata nel cortile di un caseggiato popolare, che festeggia i suoi 50 anni di vita.

Un teatro che già nel nome richiama il fare, il mondo del lavoro. Che ha portato spettacoli fuori dalle fabbriche e nei cortili dei quartieri. Cha costruisce opere partendo dalle voci della gente. L’origine risale all’inverno del 1972, quando il Comitato di quartiere Precotto-Ponte Nuovo, con studenti, operai e insegnanti, chiede al Circolo famigliare di Unità proletaria che ha a disposizione una grande sala utilizzata come balera in viale Monza 140 (oggi la casa di Zelig) di poter organizzare momenti di teatro, musica e cineforum. Il "sì" suggella l’inizio. Nelle foto d’epoca spiccano gli spettacoli organizzati fuori dai cancelli della Breda, usando come palco un camion scoperchiato. Nel ’79, con Massimo de Vita, direttore artistico, si comincia a produrre in proprio. "Prima ancora - racconta il direttore - avevo fondato La Cooperativa Nuova Scena, con Dario Fo, Franca Rame, Vittorio Franceschi e Nanni Ricordi. Teatro Officina mi stregò". Paolo Grassi e il suo Piccolo Teatro danno un forte contributo (anche economico) a questa visione del teatro.

Nel 1986 , il trasferimento in via Sant’Erlembardo (dopo un incendio nella sala di viale Monza), in uno spazio del Comune. La storia di “decentramento teatrale“ continua: nei quartieri di Bruzzano, Dergano, Molise-Calvairate, Gallaratese e Cassina Anna i cittadini possono assistere a serate di teatro organizzate nei luoghi più invisibili, lontani dalla Milano da bere. Dagli anni ’90, altra evoluzione: le storie nascono dalla narrazione della gente. Il Teatro Officina è teatro sociale che dà voce ai mondi scomparsi. Un esempio su tutti: “Cuore di fabbrica“, che racconta la vita operaia nelle grandi fabbriche di Sesto San Giovanni, ora dismesse. Negli ultimi anni, spazio anche ai cittadini di via Padova e ai senza dimora di Casa Jannacci. Tradotti sulla scena pure argomenti come la dislessia (“Ci ho le sillabe girate“, 2016).

Ma chi sono gli attori? Massimo de Vita sorride. Il Teatro Officina è, dal 1978, sede formativa. "Adolescenti e adulti seguono i nostri corsi. E una volta formati si esibiscono insieme a professionisti. Quello che è importante è continuare a creare comunità, coltivare relazioni". Al suo fianco Enzo Biscardi, tra i suoi allievi, operatore di teatro sociale e regista. Domani, tutti alla festa organizzata per i 50 anni (ingresso gratuito): alle 20.30 ccoglienza e brindisi. Poi i saluti istituzionali. Alle 21, il docu-film sulla storia del Teatro Officina con la regia di Riccardo Alessandri. Per seguire tutti gli eventi: www.teatrofficina.it.

 

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