ARNALDO LIGUORI
Cronaca

Quanti taxi ci sono a Milano e perché non si trovano: il confronto “impietoso” con Parigi e Madrid

I tassisti si oppongono da anni all’emissione di nuove licenze e ai servizi di noleggio con conducente, ma la carenza di auto bianche è dimostrata dai dati

La zona dei taxi a fianco della Stazione Centrale di Milano

La zona dei taxi a fianco della Stazione Centrale di Milano

Milano. Crepuscolo. La coda di persone che aspettano un taxi di fronte alla Stazione Centrale pare una pentola a pressione: ostinatamente calma all’apparenza, ma ribollente di frustrazione e pronta a scoppiare. Ad alimentare questa pressione è la placida e lenta frequenza con cui scorre il flusso delle auto bianche. Una ogni qualche minuto: troppo poche per la fila che si allunga a vista d’occhio. Per ogni tassista che arriva, si accumulano due o tre viaggiatori. Per salire ci si mette mezz’ora.

La stessa situazione si ripropone ciclicamente, a dimostrazione di un fatto assodato: trovare un taxi a Milano non è sempre facile, soprattutto in certe zone e in certi orari. Anche a Londra, Parigi o Madrid non ci sono sempre taxi a disposizione, ma differenza di quanto accade nel capoluogo lombardo, in quelle città la carenza è coperta dalle flotte dei servizi di noleggio con conducente (Ncc), come Uber.

In Italia, questi servizi sono stati osteggiati per anni dai sindacati dei tassisti, i quali sostengono che le aziende come Uber hanno un vantaggio competitivo incolmabile e sfruttano i lavoratori. I proprietari di auto bianche sono preoccupati per questa concorrenza e, facendo pressione sulla politica e l’opinione pubblica, finora sono riusciti a limitare l’offerta e la normazione degli Ncc. Gli scioperi dei tassisti sono sempre molto efficaci, in casi eccezionali sono in grado di bloccare interi quartieri, e i politici li considerano una categoria che è meglio non inimicarsi. Per il momento, quindi, le cose non sembrano in procinto di cambiare. E così, la carenza rimane.

Quanti sono i taxi e perché non aumentano

La ragione per cui non si sono abbastanza taxi a Milano non è un mistero: le licenze non aumentano da vent’anni a causa dell’opposizione dei tassisti. Le ultime 228 licenze furono rilasciate nel 2003 dal sindaco di centrodestra Gabriele Albertini dopo un scontro piuttosto aspro con i sindacati dei taxi. Da allora, nulla più. Erano circa 4.850 nel 2003, sono le stesse oggi.

In questi vent’anni, però, la popolazione milanese è aumentata del 9 per cento e il numero di turisti è più che raddoppiato. Tradotto: mentre la domanda aumentava vertiginosamente, l’offerta restava immobile. Crescevano però le tariffe, passando in due decenni da 0,77 a 1,28 euro al chilometro, principalmente in virtù dell’adeguamento al costo della vita.

Il risultato è che se di notte una ragazza vuole tornare a casa in taxi, spesso non può farlo se non aspettando parecchio tempo (anche 30-40 minuti) oppure pagando i prezzi proibitivi di molti servizi privati, i quali aumentano automaticamente i costi nelle fasce orarie in cui c’è meno disponibilità di autisti.

La carenza di taxi, spiegata coi numeri

A Milano ci sono 4.850 taxi e sono attive circa 750 auto di servizi di noleggio con conducente (considerando le 250 licenze milanesi e quelle dei comuni limitrofi). Il totale – circa 5.550 – è un numero molto più basso rispetto a quello di molte città europee.

Facendo un confronto con Madrid, Londra e Parigi (ponderato sul numero di abitanti) emerge chiaramente la carenza del servizio meneghino. A Milano il numero combinato di taxi ed Ncc ogni 1.000 abitanti è la metà di Madrid, un terzo di Londra e, addirittura, un quarto rispetto a Parigi.

Nel confronto si vede anche la grossa differenza (sempre ponderata sul numero di abitanti) nel numero di Ncc tra le quattro città. A Milano sono un quarto rispetto a Madrid, un quattordicesimo rispetto a Parigi, un sedicesimo rispetto a Londra. In termini assoluti, per farsi un’idea, contro le 250 licenze Ncc milanesi, Madrid ne schiera 8.000, Parigi 20.000 e Londra oltre 87.000. Questa sproporzione è, in estrema sintesi, la ragione per cui a Milano è difficile trovare un mezzo privato.

Le critiche degli Ncc

“In questo paese viviamo in un’impasse burocratico assurdo e anacronistico, rispetto ad altre città europee il confronto è impietoso”, denuncia Francesco Artusa, presidente di Sistema trasporti confederazione di imprese Ncc. “Le licenze Ncc – spiega – sono autorizzate a livello comunale, ma il comune di Milano non fa un bando da 50 anni. A causa dell’opposizione dei tassisti i servizi alternativi non sono stati regolamentati e quindi non possono espandersi. Anzi, oggi siamo meno che nel 2019 a causa della pandemia e del blocco delle autorizzazioni (quelle che scadono non possono essere rinnovate senza bando, ndr)”.

Al momento, a causa della mancata approvazione dei decreti attuativi della legge quadro del settore Ncc e Taxi del 2019, non è neanche dato sapere quanti siano esattamente gli Ncc in Italia. Il registro elettronico che dovrebbe tracciarli non esiste.

“Gli Ncc – continua Artusa – sono parte della soluzione a un problema atavico e possono contribuire alla risposta di mobilità cittadina, grandi eventi, trasporto sussidiario”, ma ogni possibile cambiamento si scontra con “una normativa vecchia di 30 anni, che sta producendo solo distorsioni e disservizi”.

Nuovo decreto, vecchie opposizioni

Un nuovo decreto legge presentato in Consiglio dei Ministri punta a risolvere in parte la carenza di taxi attraverso l’aumento del 20 per cento delle licenze taxi attualmente in circolazione. I comuni in realtà possono già aumentare il numero si licenze, ma la vera novità è che potrà essere concessa una nuova licenza a chi ne possiede già una, la quale – si legge nel decreto – “può essere ceduta a terzi a titolo a titolo oneroso o gratuito, decorsi almeno due anni dal rilascio”.

Sulla base dei dati elencati prima, un aumento del 20 per cento non sarebbe sufficiente a coprire la carenza. Ma il punto è che le venti single sindacali convocate dal Governo sono tutte contrarie all’ipotesi. Sullo slogan “un taxi, una licenza”, i tassisti hanno minacciato mobilitazioni e scioperi generali nel caso in cui il decreto venga approvato, sostenendo che “le leggi vigenti già consentono ai sindaci di intervenire sugli organici nonché di migliorare ed efficientare i servizi”.

Per gli Ncc il nuovo decreto si limita a prevedere incentivi per comprare auto ibride o elettriche. Le associazioni di categoria hanno risposto affermando che nessuna delle questioni chiave del settore Ncc è stato affrontato, tradendo “un approccio sterile e inefficace sulla problematica”. “Il sistema va riformato con interventi più organici e più prospettici”, ha affermato Artusi.

“Abbiamo fatto delle proposte, avanzato soluzioni, sottoposto dati, ne abbiamo parlato con Regioni, Comuni e Parlamentari: l’auspicio è che al prossimo Consiglio dei Ministri si possa portare un primo provvedimento utile all’intera filiera, pro-mercato, a favore dell’utenza e dei consumatori, che ancora oggi fanno ore di fila negli aeroporti e nelle stazioni in attesa di un’auto che non arriva mai”.

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