"I tamponi salivari sono di nuovo un miraggio. Eppure i nostri figli ne hanno diritto"

L’odissea di 4 mamme di bambini con disabilità che non possono sottoporsi a tampone naso-faringeo

Stefania Forenza insieme al marito

Stefania Forenza insieme al marito

Milano -  Sembrava un problema risolto. E invece non lo è. Non del tutto, per lo meno. E non ovunque. Nonostante le rassicurazioni messe nero su bianco il 28 gennaio scorso dalla Regione e, a seguire, dalle Agenzie di Tutela della Salute (ATS), ancora oggi i genitori di bambini con disabilità faticano a trovare punti tampone e ospedali che garantiscano ai propri figli i test salivari ai quali hanno diritto. Milano e Melegnano, Como e Cantù: quattro luoghi diversi, quattro segnalazioni recenti di ordinario disagio da parte di altrettante famiglie. A raccoglierle è stata l’organizzazione di volontariato “Nessuno è Escluso“. Ci risiamo, allora.

Il 28 gennaio , per chi non lo ricordasse, la Direzione Welfare della Regione ha emanato una nota in cui assicurava che "in ogni punto tampone di ASST, ATS e IRCCS pubblici" erano "disponibili dei tamponi salivari per garantire la fruizione per i soggetti individuati dal Ministero della Salute". Una replica alle denunce nel frattempo arrivate dalle associazioni della disabilità e riportate su queste pagine: fino a quel momento, infatti, i punti tampone in grado di offrire anche i salivari si contavano sulle dita di una mano nonostante dovesse essere chiaro già dal 17 dicembre che le persone con disabilità grave e gravissima rientrassero tra i "soggetti fragili con scarsa capacità di collaborazione" o, detto altrimenti, tra quei soggetti che non possono essere sottoposti a tampone naso-faringeo perché questo tipo di test è troppo invasivo per loro. Invasivo al punto che in più casi si è dovuto ricorrere a sedazione. Con la nota pubblicata il 28 gennaio dalla Direzione Welfare il caso sembrava chiuso. Con lieto fine. Contestualmentem, infatti, le ATS avevano fornito gli elenchi dei punti tampone dotati di test salivari. E invece ecco le storie di Stefania Forenza, Beatrice Abate, Barbara Magno e Fortunato Nicoletti.

Stefania è la madre di Liam, un bambino di 6 anni con un grave disturbo dello spettro autistico. «Martedì 23 marzo – racconta questa mamma – siamo andati a Cantù convinti che Liam potesse essere sottoposto a tampone salivare. Avevamo la prescrizione della pediatra e il tampone era necessario per consentire a Liam di poter tornare a fare le sue terapie. Una volta arrivati al drive through di Cantù ci è stato detto che non facevano salivari, anzi, che non ne avevano mai fatti, e che saremmo dovuti andare al Sant’Anna di Como. Abbiamo seguito il consiglio – fa sapere Stefania – e siamo andati a Como, fiduciosi che Liam avrebbe potuto essere sottoposto ad un test salivare. Così non è stato, anche al Sant’Anna ci è stato detto che non erano attrezzati per fare test salivari". Risultato: "Liam ha dovuto sottoporsi ad un tampone naso-faringeo, lo abbiamo dovuto tener fermo con la forza, ha dovuto subire una vera e propria violenza. E quel che è persino peggio – sottolinea Stefania – è che lo abbiamo ingannato, nostro malgrado: gli avevamo assicurato che il test sarebbe stato facile e tranquillo e invece... non so se si fiderà ancora".

Pochi giorni prima erano stati Beatrice e suo figlio Alessandro, 12 anni, invalido al 100%, a trovarsi nella stessa situazione, stavolta all’ospedale San Raffaele di Milano. "Alessandro è stato ricoverato il 16 marzo – racconta sua madre – e prima del ricovero ha dovuto sottoporsi a tampone. Non uno, ma due. Né nel primo caso né nel secondo è stato possibile avere un tampone salivare. Al San Raffaele ci è stato risposto che non ne avevano. Non mi spiego perché questi ragazzi debbano essere sottoposti ad un test che per loro è una violenza sebbene ne esista uno alternativo. Alessandro ha subito passivamente, in silenzio".

Quindi Fortunato , vicepresidente di “Nessuno è Escluso“, e papà di Roberta, bambina di 5 anni con una patologia molto rara: "Sabato 26 febbraio, al punto tampone del Buzzi non è stato possibile sottoporre Roberta ad un tampone salivare. Nonostante sia uno degli ospedali meglio attrezzati anche dal punto di vista dei test salivari, non è stato possibile farlo. Ci è stato detto che non ne hanno". Infine Barbara, mamma di Martina, 16enne con disabilità. "Mia figlia ha dovuto sottoporsi a due tamponi, in entrambi i casi all’ospedale di Melegnano. Il primo il 10 febbraio e non ci sono stati problemi: le è stato fatto un test salivare. Per il secondo tampone, quello finalizzato ad accertarne le definitiva guarigione e a consentirle, quindi, il ritorno a scuola, siamo tornati in ospedale il 21 febbraio e per avere un salivare, stavolta, abbiamo dovuto sudare sette camicie. All’inizio il personale ha opposto ragioni tecniche, alcune anche discutibili. Senza contare che avevamo chiesto che il tampone fosse fatto tramite Usca, a domicilio, ma non è possibile". "La questione del tampone salivare – conclude Nicoletti – certifica che la politica sanitaria della Regione spesso è fatta di annunci: una volta dato l’annuncio, non si controlla che alle parole seguano i fatti. E certifica una certa indifferenza verso i più fragili perché non può funzionare un sistema dove una prestazione come quella dei tamponi, ma non solo, può essere prenotata solo in anticipo e solo in certi luoghi creando una discriminazione nei confronti dei cittadini con disabilità".

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