Suo figlio è autistico ma le negano il contributo per l’Aba

Un caso che mette in luce le contraddizioni e le falle del sistema di welfare dell'assistenza domiciliare ai minori con disabilità: una madre di un bambino autistico non può usufruire di un contributo economico mensile per la terapia Aba, riconosciuta dalla Corte dei Conti.

Suo figlio è autistico ma le negano il contributo per l’Aba

Suo figlio è autistico ma le negano il contributo per l’Aba

A settembre le hanno comunicato che, pur avendone i requisiti, non avrebbe potuto usufruirne della B2 per mancanza di fondi. In questi giorni le hanno comunicato l’attivazione di un fondo integrativo finalizzato proprio a corrispondera la B2 a chi, come lei, ne era stato escluso pur essendo idoneo. Infine le hanno fatto sapere che non avrebbe potuto ricevere alcun contributo perché la terapia per la quale lo ha richiesto rientra tra gli interventi finanziabili con la B2 ma non tra quelli finanziabili col fondo integrativo. Risultato: non le sarà dato alcun contributo di sostegno.

Un caso, quello di Elena Graziani, madre di Alessandro, bambino di 5 anni e mezzo con disturbo dello spettro autistico, che in un colpo solo mette in fila contraddizioni e falle del sistema di welfare dell’assistenza domiciliare ai minori con disabilità: la misura B2, per chi non lo sapesse, è infatti finalizzata a sostenere le famiglie con disabili gravi a carico attraverso un contributo economico mensile che copra alcune prestazioni prestabilite da assicurare a domicilio e dato dai Comuni con fondi e regole per lo più regionali. Elena avrebbe voluto utilizzarlo per la terapia Aba, una terapia fondamentale per Alessandro come per altri bambini autistici. Il metodo Aba, infatti, è stato scientificamente riconosciuto proprio per la capacità di ridurre i comportamenti disfunzionali di chi ha un disturbo dello spettro. Da qui la prima discriminazione posta in essere dalle regole che disciplinano l’utilizzo del fondo integrativo della B2: ai minori con autismo e alle loro famiglie è automaticamente preclusa la possibilità di ricevere il contributo e, quindi, di avere un sostegno. Non bastasse, vale la pena sottolineare che, a gennaio 2023, la Corte dei Conti ha riconosciuto che il metodo Aba si è via via "imposto nell’ambito del sistema di cura a carico del Servizio sanitario nazionale". E non bastasse ancora, Elena e suo marito pagano di tasca propria circa mille euro al mese per consentire ad Alessandro di beneficiare degli effetti di questo metodo.

La prima domanda, allora, è: perché in Regione Lombardia, quando si sono stabilite le regole di questa misura, non ci si è posti il problema che escludendo l’Aba dagli interventi ammissibili si escludeva in automatico la possibilità di dare un sostegno a diversi minori autistici e alle loro famiglie? Ma non è finita: "Nel 2021 – fa sapere Elena – ho percepito la B2 e proprio per l’Aba". La seconda domanda, allora, è: perché tanta incertezza normativa su una terapia che, invece, richiede certezze perché i bambini devono poterla seguire per più anni? A scandire la terza domanda è la stessa Elena: "Io sono una caregiver famigliare esattamente come altri. Perché non si considera che per me può essere un sollievo avere per qualche ora alla settimana un educatore che lavori con Alessandro? Perché i caregiver delle persone con disturbo dello spettro autistico sono considerati meno caregiver di altri?".

Giambattista Anastasio