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Stuprata al fast food: "Ho pensato che sarei morta"

Il racconto della turista vittima di un addetto del McDonalds di via Sarpi: l’egiziano è stato condannato a cinque anni di reclusione.

La notte tra il 3 e il 4 novembre dello scorso anno all’interno di un McDonald’s, una giovane turista viene violentata. Il racconto di quella notte di terrore nella quale pensava che sarebbe morta di violenze è riportato nelle motivazioni della condanna a 5 anni di carcere per stupro, sequestro di persona e lesioni a carico di un egiziano di 37 anni, che era dipendente all’epoca del fast food di via Paolo Sarpi, teatro della aggressione.

La ragazza era appena arrivata in città e alloggiava in un appartamento in zona Chinatown con la formula del "couchsurfing", cioè l’affitto di posti letto su sofa o divani in case altrui. Aveva bisogno di una rete Internet per mettersi in contatto con il proprietario dell’abitazione.

Attorno alle due di notte passa davanti al McDonald’s, dove incrocia l’inserviente al quale chiede di poter usare la rete. L’uomo la fa entrare dal retro del locale, chiuso a quell’ora, le offre cibo e subito dopo la costringe a subire atti sessuali.

"Ha iniziato a strattonarmi da una parte all’altra facendo sbattere in continuazione la mia testa contro il muro – racconta la vittima agli investigatori –. Durante la colluttazione, alcune scatole nere collocate nel corridoio mi sono cadute addosso e una mi ha colpito la gamba sinistra lasciandomi un segno visibile. Ho provato a camminare in ginocchio mentre lui mi tratteneva per le caviglie, nonostante ciò sono riuscita a liberarmi e l’uomo per bloccarmi nuovamente si è tolto la sciarpa che aveva addosso e stringendomela intorno al collo mi ha tirata con una violenza tale da farmi cadere di nuovo stavolta all’indietro, facendomi sbattere la testa sul pavimento". Il racconto terribile della giovane prosegue, come si legge nelle carte della sentenza di condanna. "Una volta a terra, senza potermi più muovere, in trappola, l’uomo si è messo sopra di me, mettendomi una mano sul collo, ha iniziato a stringere, io ho iniziato a tossire e ho visto gli occhi dell’uomo iniettati di sangue. Mi sono dimenata nel tentativo di liberarmi, ma non avendo la forza di alzarmi ho cercato di afferrarmi a qualcosa e sbracciandomi ho cercato di colpirlo per allontanarlo".

"Dopo aver capito che non avevo più le forze per reagire perché ormai stremata, l’uomo ha mollato la presa e ha iniziato ad accarezzarmi i capelli ha ricominciato a baciarmi infilando la sua lingua nella mia bocca e io ho pensato che a quel punto qualsiasi cosa sarebbe andata bene bastava che non venissi uccisa".

La giovane è poi riuscita a fuggire in strada urlando "help me". Agli atti del processo con rito abbreviato, che si è chiuso a metà luglio, sono finite anche le immagini delle telecamere di videosorveglianza in cui si vedono "parte delle condotte violente" dell’egiziano che, scrive il giudice Guido Salvini, aveva "placcato la vittima" per impedirle di scappare.

Anna Giorgi

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