Strage al palazzo di giustizia di Milano, il padre del legale ucciso: “Impuniti i veri colpevoli”

Aldo Claris Appiani: “Il vigilante va riabilitato, le responsabilità delle falle vanno cercate ad altri livelli”

Fiori al tribunale dopo la sparatoria al Palazzo di giustizia nel 2015

Fiori al tribunale dopo la sparatoria al Palazzo di giustizia nel 2015

Il vigilante Roberto Piazza, l’unico condannato per le falle nella sicurezza al Palazzo di giustizia di Milano, morto all’età di 51 anni, "è la quarta vittima della strage", perché "è stato usato come capro espiatorio". E Aldo Claris Appiani, il padre dell’avvocato ucciso il 9 aprile 2015 dall’immobiliarista Claudio Giardiello, ora si batte per "riabilitarlo e far emergere le vere responsabilità".

Le loro vite sono state stravolte quella mattina di otto anni fa quando Giardiello, che era riuscito a introdurre una Beretta calibro 9 in Tribunale, compì un raid contro coloro che, nei suoi vaneggiamenti, riteneva responsabili del fallimento. Oltre all’avvocato Claris Appiani, uccise il giudice Fernando Ciampi e Giorgio Erba, suo coimputato.

Poi uscì indisturbato sfruttando la confusione, fu arrestato dai carabinieri dopo una breve fuga e ora sta scontando l’ergastolo. L’inchiesta sulle falle nei controlli ha portato, in seguito, al processo a carico di un unico imputato, il vigilante Roberto Piazza in servizio ai varchi quando Giardiello entrò per compiere la strage. Piazza è stato assolto in primo grado a Brescia e poi condannato in appello a 3 anni di carcere. La Cassazione ha annullato la sentenza, disponendo un nuovo processo d’appello sfociato in una condanna a 2 anni e mezzo. I

l vigilante, che si è sempre proclamato innocente, è morto stroncato da un infarto nel 2021, prima di tornare davanti alla Cassazione. "Tutto questo gli ha rovinato la vita – spiega Aldo Claris Appiani – ha dovuto pagare per colpe non sue e, dopo la morte, ho contattato sua moglie per esprimere la vicinanza della nostra famiglia. Il mio desiderio sarebbe quello di una riabilitazione della sua persona, perché le responsabilità andavano cercate ad altri livelli".

Per questo i familiari del legale ucciso stanno portando avanti una causa civile contro il ministero della Giustizia, il Comune di Milano e la società di vigilanza privata All System per i mancati controlli che consentirono all’uomo di entrare armato e compiere una strage. Causa che si sta trascinando da anni davanti al Tribunale di Brescia, senza ancora arrivare a una sentenza di primo grado.

“La storia della strage in Tribunale riassume tutti i mali della giustizia – spiega Aldo Claris Appiani –. Dall’assenza di prevenzione, perché a Giardiello era stato concesso il porto d’armi, fino a un sistema che tutela chi commette reati e abbandona le vittime. Sentir parlare di giustizia riparativa fa solo rabbia". Appiani fa parte dell’Unavi, associazione che tutela le vittime di reati violenti. Resta, otto anni dopo, il dolore dei familiari. L’unica cerimonia per ricordare le vittime sarà una messa nella chiesa di San Pietro in Gessate, di fronte al Palazzo di giustizia, organizzata dall’associazione giuristi cattolici.

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