Spari in tribunale, aperto un fascicolo su due guardie giurate

Nel registro degli indagati sono iscritte due guardie giurate in turno in tribunale la mattinata del triplice delitto

Claudio Giardiello

Claudio Giardiello

Milano, 15 settembre 2016 - Aperto un secondo fascicolo di inchiesta sulla strage in tribunale a Milano del 9 aprile 2015, quando l'imprenditore Claudio Giardiello uccise a colpi di pistola l'imprenditore Lorenzo Claris Appiani, il magistrato Fernando Ciampi e Giorgio Erba, coimputato con lo stesso Giardiello di un processo per bancarotta. Nel registro degli indagati sono iscritte due guardie giurate in turno in tribunale la mattinata del triplice delitto e accusate di omicidio colposo e lesioni colpose. Nel primo procedimento è invece è stato iscritto il nome di Roberto Piazza, guardia giurata che non avrebbe visto l'arma usata da Giardiello.

Intanto Claudio Giardiello ha fatto dietrofront sul tema della pistola utilizzata per commettere la strage in tribunale a Milano del 9 aprile 2015. Giardiello è stato interrogato per un'ora e mezza dal sostituto procuratore di Brescia Isabella Samek Lodovici dopo che aveva detto di aver portato la pistola usata per uccidere almeno tre mesi prima del fatto. "La linea del mio assistito non è più quella riferita nel corso dell'udienza in cui è stato condannato». Lo ha detto l'avvocato Marino Colosio che con la collega Claudia Romele difende l'imprenditore milanese condannato in primo grado all'ergastolo per aver ucciso l'avvocato Lorenzo Claris Appiani, il magistrato Fernando Ciampi e il suo coimputato, in un processo per bancarotta, Giorgio Erba. Giardeillo è stato ascoltato nell'ambito del procedimento connesso a quello per omicidio e nel quale sono iscritte due guardie giurate. Giardiello avrebbe riferito al magistrato bresciano che indaga di essere stato in forte confusione nel giorno della sentenza quando in aula aveva riferito sull'arma utilizzata. «Siamo davanti a un uomo molto confuso, ma tanti aspetti vanno chiariti» ha spiegato l'avvocato Colosio. «La strada che vorremmo percorrere è quella di chiedere una nuova perizia psichiatrica sull'imputato».

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