Sos bullismo Assumiamoci le responsabilità

Daniele

Nappo*

La scuola deve partecipare attivamente alla crescita nell’adolescente, perché possa divenire una persona responsabile. I docenti devono aver chiaro com’è delicato e in continuo mutamento il ragazzoa in questa fase della sua vita: chi occupa un ruolo impegnativo e istituzionale come quella dell’insegnante deve mostrare prolissità di competenza e senso della misura. Bisogna essere preparati alla valutazione della persona umana, alla sua singolarità. I giovani non sono una categoria sociologica omogenea e ancora meno lo sono i cosiddetti bulli.

La parola “bullismo” è entrata meno di trent’anni fa nella conoscenza comune: fotografa uno stato, ma talvolta è dipinta come un destino, come una moda senza però avvicinarsi al vero senso. Gli adolescenti non si possono educare a mucchio, ma vanno valutati uno alla volta anche quando partecipano sugli stessi banchi e nella stessa classe. L’unicità dell’individuo dipende molto dalla stimolazione ambientale e dal modo personale in cui verrà formato. È l’essere umano: la bellezza che viene affidata a chi educa, sia a scuola, sia quando ingaggia delicati compiti istituzionali e vale anche quando lo studente manifesta comportamenti violenti perché non si può scegliere chi educare. Si deve farlo sempre e quando non si è capaci si deve avere il buon senso di dedicarsi ad altro. Per ammissione, senza silenzi, è bene ammettere che l’ambiente in cui sono inseriti i giovani a scuola è esso stesso violento: lo possiamo dire della società, del linguaggio, della politica, ne abbiamo le verifiche tutti i giorni.

Etichettare solo agli studenti la titolarità di esclusività del fenomeno del bullismo è uno sbaglio. La scuola è la prima vera fermata di controllo delle capacità sociali dell’adolescente e i responsabili dovrebbero trasformarla in una centrale di precauzione di tutti i disagi, anche per quello che si manifesta in forme violente; ci vogliono proposte, tenacia, continuità, progetti pedagogici. A volte rabbia e angoscia si impossessano di alcuni studenti che vanno ascoltati. È da qui che bisogna partire per cercare di immaginare soluzioni, assumendosi delle responsabilità. Una scuola consapevole del proprio ruolo non può farfugliare risposte, bisogna recuperare la grammatica elementare dell’educazione.

*Istituto Freud Milano

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