ANNAMARIA LAZZARI
Cronaca

Tra gli "zombie" con lo smartphone: in strada e metro con gli occhi fissi sul cellulare

Dal centro alla Centrale i pedoni, sedotti dallo schermo, non guardano più il semaforo né le scale

Pedoni in movimento guardando il cellulare (Newpress)

MIlano, 1 settembre 2019 - Sono in tanti, sono in troppi. Sono i pedoni che vivono in simbiosi con il loro cellulare. Gente così immersa tra notifiche push, chat, messaggi e chiamate da non accorgersi che il nostro fotografo sta facendo loro un ritratto. Ma fanno di peggio gli uomini e le donne - non solo giovanissimi - che procedono in strada guardando solo lo smartphone: mettono in pericolo la loro incolumità e senza accorgersene. Perché non prestano più attenzione ai segnali che regolamentano la circolazione, anche a piedi, nella giungla urbana, dove scorrono veloci macchine, tram, biciclette, scooter e tutta la pletora dei nuovi mezzi elettrici. Per rendersene conto basta posizionarsi a qualsiasi ora del giorno nei luoghi dove il flusso pedonale è intenso.

Come piazza del Duomo, all’incrocio fra via Mazzini e via Torino, o corso Buenos Aires, all’altezza di Lima. Qui in mezzora di meticolosa osservazione abbiamo contato una ventina di persone che hanno attraversato con il rosso. Hanno trasgredito il divieto non per la fretta di raggiungere il tram che sopraggiungeva. O di entrare nel negozio desiderato. Ma per sbadataggine. Erano infatti così impegnati a scrivere o a parlare al telefono da non rendersi conto che il colore del semaforo era cambiato: il conducente di un qualsiasi mezzo avrebbe potuto investirli.

Farsi risucchiare dal «buco nero» del virtuale è un azzardo sulle strisce pedonali ma anche sulle scale non va certo bene. Piazzandosi all’uscita della metro gialla in Duomo, ci si accorge che anche sugli scalini continua la «digital-dipendenza». Qui il rischio è di inciampare e atterrare facendosi male. Ma non sembra troppo curarsene chi sceglie una scalinata per farsi un selfie «in bilico». Perennemente connessi anche in metropolitana perché il telefono funziona benissimo pure sottoterra: lungo le scale mobili i cellulari continuano a reclamare l’attenzione e non li si mette mai in tasca, neppure alla fine del nastro. La sessione-telefonino diventa collettiva lungo le banchine: qui diventa uno strumento per consumare il tempo in attesa del treno. Al posto del libro o giornale si bruciano i minuti saltellando fra le email del lavoro e le foto e i video dei nostri affetti più cari. Un’idea che hanno quasi tutti i passeggeri che rimangono con il capo reclinato verso il rettangolo luminoso. Qualcuno non smette neppure quando arriva il treno, entrando senza lasciare la precedenza a chi deve scendere. La situazione fotocopia si verifica anche in Stazione Centrale dove i turisti prestano più attenzione a parole, immagini, suoni e video piuttosto che alle borse e alle valigie. Così si mettono a repentaglio i propri valori: la sanno bene i ladri che bazzicano la zona. Abilissimi a sfilare portafogli ai cybernauti con la testa altrove che si accorgono di essere stati «alleggeriti» quando ormai è troppo tardi.

Cosa pensano i milanesi della smartphone-dipendenza? Desiree Di Frenna della Clinica del Vinile sostiene che «è dovere dei pedoni essere sempre vigili quando attraversano la strada», bacchettando chi tiene il cellulare sempre in mano, come se ne fosse un’estensione. Il tatuatore Mark Totu di Nero Ink confessa di essere uno di quelli: «Sarebbe giusto sanzionare anche i pedoni in certi casi. Potrebbe avere una funzione deterrente, anche per me. Il fatto è che inizio con l’idea di dover guardare solo una cosa su internet ma poi salto a un’altra pagina e così via, senza mai fermarmi». È il «banchetto» mobile e abbondante - di cui parla Nicholas Carr nel suo famoso libro, «Internet ci rende stupidi?» - che scatena l’irresistibile «bulimia» online: «Una portata dopo l’altra, ognuno più succulenta della precedente, e a malapena abbiamo il tempo per prendere fiato fra un boccone e l’altro».