REDAZIONE MILANO

Si fingevano poliziotti e svuotavano gioiellerie Condannati i quattro della “mala” milanese

Incastrati dal Dna sulle divise e sulle pettorine, sono stati tutti arrestati e condannati in abbreviato a pene che vanno dai 9 ai 5 anni

di Anna Giorgi

Si erano finti poliziotti, con divise ufficiali, gradi e pettorine, e avevano rapinato un commerciante di gioielli indiano inscenando un controllo nell’appartamento in cui l’uomo e i suoi collaboratori alloggiavano e ora quattro vecchie conoscenze della mala milanese sono stati condannati a pene severe. Ieri infatti il gup Giusy Barbara ha inflitto, al termine del processo con rito abbreviato, 9 anni e 4 mesi e 3.600 euro di multa a Dino Duchini, figura storica nel panorama criminale degli anni Ottanta e Novanta, 8 anni e 2.200 euro di multa a Silvano Messina e a Salvatore Urciuolo e 5 anni e 4 mesi e 1.800 euro a Nicola Sava.

I quattro sono accusati di essere gli autori materiali della rapina, che risale al maggio del 2019 e che ha fruttato circa 50 mila euro, messa a segno sotto la regia di Franco Fischer, l’ex gioielliere già coinvolto nei colpi milionari allo showroom di Damiani e alla gioielleria Scavia nel Quadrilatero della moda. Fischer è sotto processo con i complici, i basisti.

I quattro, assieme al regista, sono stati arrestati nel settembre dell’anno scorso al termine di una indagine coordinata dal pm Isabella Samek Lodovici e condotta dalla Squadra Mobile. Secondo la ricostruzione, all’alba del 29 maggio di tre anni fa, Duchini e gli altri 3 hanno suonato il citofono di un’abitazione di corso Sempione - due avevano il berretto, altri due la pettorina e anche maschere di lattice per non essere riconosciuti - fingendo di dovere fare un controllo di polizia.

Una volta in casa, in mezz’ora, dopo aver minacciato tutti con una pistola a tamburo, hanno legato il commerciante di gioielli - per altro colpito con un violento pugno quando ha reagito - e anche hanno legato anche due suoi collaboratori con nastro adesivo e fascette da elettricista, per poi derubarli e fuggire su un furgone rubato e con targhe applicate. Gli investigatori della squadra mobile troveranno poi il furgone, un Opel Vivaro, parcheggiato in via Govone. Ma non lo sequestrano, anzi installano una telecamera, una cimice e un gps per tracciarne i movimenti. Il trucco funziona: giorni dopo il furgone viene spostato in via Andrea Ponti, l’abitacolo viene ripulito. La pista si rivelerà quella giusta.

Qualche tempo dopo i due vengono fermati con un trolley con dentro divise, maschere e pettorine.

Sarà Duchini della banda ad occuparsi ancora del furgone: Viene ripreso dalle telecamere mentre fa arrivare un carro attrezzi per farlo demolire. le intercettazioni fanno il resto. E i tabulati confermano che i quattro erano in contatto anche prima della rapina, organizzata dopo la soffiata di un’amica della proprietaria della casa di corso Sempione.

Il gruppetto per studiare le rapine si incontrava, vicino al Bingo di via Washington.

La banda, quando è stata arrestata, stava preparando altri assalti: "il prossimo contratto di lavoro è abbastanza lontano dalla città...". La conferma del Dna dei rapinatori trovato su maschere e vestiti ha fatto scattare le manette.