L'appello da Cinisello: "Abbiamo cinque figli, siamo abusivi per necessità. Aiutateci"

Marito, moglie e figli saranno sgomberati nei prossimi giorni da un alloggio popolare occupato

Alessandro e Irene Quattrocchi

Alessandro e Irene Quattrocchi

Per la legge sono degli occupanti abusivi. E per questo, almeno per i prossimi cinque anni, non avranno diritto a un alloggio pubblico. Ma se nei prossimi giorni saranno sgomberati, come previsto dal piano anti abusivismo di Aler e Comune di Cinisello, i coniugi Quattrocchi finiranno per strada insieme ai loro cinque figli, dei quali il più piccolo è affetto da una malattia del sangue.

Un caso davvero limite, quello di questa famiglia cinesellese che nel maggio scorso, dopo aver subito uno sfratto per morosità, ha occupato abusivamente un alloggio tra i palazzoni di Sant’Eusebio. La loro casa risulta nella lista di quelle che Aler e Comune devono assegnare alle famiglie inserite nella graduatoria delle case popolari, praticamente ad altri sfrattati in attesa di un alloggio. Ma in caso di sgombero forzoso per la famiglia Quattrocchi si profila una stagione incerta e difficile.

"Siamo degli occupanti abusivi, ma lo abbiamo fatto per necessità estrema – racconta la coppia –. Non riuscivamo più a permetterci un appartamento da 800 euro al mese. Ma siamo in 7 in famiglia e non esiste una soluzione più economica per noi". Pochi giorni fa la famiglia ha ricevuto una comunicazione informale che annunciava lo sgombero. Potrebbe avvenire in ogni momento. Per questo, già la scorsa settimana hanno chiesto e ottenuto un appuntamento urgente con il Comune di Cinisello Balsamo. Gli assistenti sociali li hanno ascoltati, ma sulle azioni da intraprendere per il futuro sono stati ferrei: nessuna possibilità di avere un alloggio di emergenza, almeno fino al decadimento della denuncia per occupazione abusiva, che avviene non prima di cinque anni.

Il Comune si è detto disponibile a fornire un contributo di mille euro per il pagamento di una caparra per un alloggio privato e a contribuire con il pagamento di circa un terzo di un affitto commerciale. "Non ci nascondiamo dietro a un dito – spiega Irene – mio marito lavora, ma il suo stipendio ci serve per far mangiare e mandare a scuola i figli. Io non posso più lavorare perché nostro figlio di 3 anni ha una patologia al sangue che impone cure continue. Ci siamo resi disponibili a pagare un affitto, ma deve essere compatibile. Senza contare che per qualsiasi alloggio privato, il valore della caparra è decisamente superiore ai mille euro che ci propone il Comune".  

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