Milano – C’è un verdetto del Consiglio di Stato che il 26 febbraio ha dato il via libera al Comune. Ora, però, è spuntato un parere del Ministero dei Trasporti, in particolare della Direzione generale per la Motorizzazione, che va nella direzione opposta.
Il primo ha sentenziato che i conducenti di mezzi pesanti devono installare i sensori salva-ciclisti per poter circolare in Area B. Il secondo ha spiegato qualche giorno fa che non è consentito montare quei kit su veicoli già circolanti. Chi ha ragione? Di sicuro, si tratta di due pronunciamenti in aperta contraddizione tra loro, che potrebbero creare un cortocircuito nelle norme difficile da dirimere. Stiamo parlando della questione dei sensori salva-ciclisti, i sistemi che consentono ai conducenti di camion e autobus di segnalare la presenza di bici (tramite telecamere, ultrasuoni o radar) anche nelle zone non visibili dagli specchietti retrovisori, gli angoli ciechi. L’11 luglio 2023, una delibera di Giunta, in risposta ai numerosi incidenti mortali avvenuti nei mesi precedenti con la stessa dinamica, ha imposto il divieto di accesso e circolazione in Area B (dalle 7.30 alle 19.30 dal lunedì al venerdì) ai mezzi pesanti sprovvisti di "sistemi avanzati capaci di rilevare la presenza di pedoni e ciclisti", con deroghe previste solo per i proprietari in possesso di un contratto d’acquisto dei sensori con scadenze temporali scaglionate tra il 31 dicembre 2024 e il 31 dicembre 2025. Il provvedimento è stato impugnato da sette imprese di autotrasporti.
In primo grado, il Tar ha dato ragione ai ricorrenti, stabilendo che i Comuni non hanno il potere (riservato allo Stato) di imporre l’installazione dei sensori. In appello, i giudici hanno ribaltato tutto, spiegando che il Tribunale amministrativo si è focalizzato sul comma sbagliato. Nell’interpretazione del Consiglio di Stato, il Comune ha esercitato il potere conferito dal comma 9 dell’articolo 7 del decreto legislativo 285 del 1992 – che consente di delimitare le aree pedonali e le ztl tenendo conto degli effetti del traffico sulla sicurezza della circolazione, sulla salute, sull’ordine pubblico, sul patrimonio ambientale e culturale e sul territorio – e non quello previsto dal comma 1 del medesimo articolo, che permette all’ente locale di istituire aree a traffico limitato nei centri abitati per esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e natutale. Conclusione: sì all’obbligo in Area B.
Finita? No, perché ci ha pensato il Ministero a riaprire la partita. Sollecitata da Sistema Trasporti sul contenuto della delibera, la Direzione generale per la Motorizzazione ha risposto il 4 luglio. "La norma europea che disciplina l’argomento – la premessa – prevede l’applicazione del Regolamento UN 151, con l’obbligo di un sistema di monitoraggio degli angoli ciechi per la commercializzazione e immatricolazione dei veicoli solo a partire dal 7 luglio 2024, senza contemplare alcuna prescrizione per i veicoli già circolanti in merito all’installazione di un sistema avanzato di rilevamento dell’angolo cieco (kit), senza considerare i veicoli in fine serie".
Pertanto, "l’installazione di un kit non è attualmente consentita dalla normativa vigente in materia di omologazione dei veicoli né esiste una norma nazionale per consentire l’installazione di detti kit sui veicoli in circolazione". "Non ci siamo arresi, e alla fine il Ministero ha confermato ciò che pensavamo sin dall’inizio: il Comune non può imporre quei sensori", fa sapere Francesco Artusa, presidente di Sistema Trasporti. E ora? È probabile che si torni in Tribunale.