Scuolabus pagato dalla famiglia. Comune e Regione condannati: così discriminano i disabili

La Corte d’Appello impone a Palazzo Marino e Palazzo Lombardia di rimborsare ai genitori 21mila euro spesi negli anni in cui la loro Beatrice, ragazza autistica, frequentava il liceo

Beatrice con tutta la sua famiglia

Beatrice con tutta la sua famiglia

Il diritto all’istruzione di uno studente con disabilità include il diritto di beneficiare di un servizio di trasporto che gli permetta di raggiungere la scuola gratuitamente. E a dovergli garantire tale servizio sono il Comune nel quale risiede e la Regione. Nulla rileva il fatto che la scuola si trovi in un Comune diverso: il dovere di garantirgli il trasporto scolastico ricade comunque sul Comune nel quale risiede.

Sono questi i tre punti fondamentali definitivamente affermati dalla prima sezione civile della Corte d’Appello di Milano. Una sentenza che può rappresentare un molo d’attracco per tutte quelle famiglie che dovessero trovarsi nella stessa situazione in cui si sono trovati Beatrice Comi, ragazza con un disturbo dello spettro autistico, e i suoi genitori: papà Stefano e mamma Giuliana. Una sentenza che impone al Comune di Milano e alla Regione Lombardia di rimborsare a questi genitori i 21mila euro spesi per garantire alla figlia un minibus che la portasse al liceo, quello stesso liceo che Beatrice non frequenta più perché lei – mentre la causa legale faceva il suo corso – ha fatto in tempo a iniziare e concludere il quinquennio di studi. Ha 20 anni adesso. E a 20 anni il liceo è un ricordo. Fresco, ma pur sempre un ricordo: un molo d’attracco per la memoria, stavolta.

La causa legale inizia il 28 gennaio del 2020, quando i coniugi Comi depositano in tribunale un ricorso contro il Comune di Milano affidandosi agli avvocati Gaetano De Luca e Francesco Trebeschi, specializzati nella difesa dei diritti delle persone con disabilità. "Nel 2017 abbiamo iscritto Beatrice al liceo artistico De Nicola di Sesto San Giovanni – racconta Stefano –. Noi abitiamo a Milano, per l’esattezza al quartiere Adriano, e la nostra prima idea era stata iscriverla in un liceo artistico della città: il Caravaggio. Ma quando siamo andati all’open day le insegnanti, con onestà e responsabilità, ci hanno detto che sarebbe stato meglio scegliere un’altra scuola, perché nella loro, per vari motivi, Beatrice non avrebbe potuto ricevere tutta l’attenzione necessaria. A quel punto, la soluzione migliore ci è parsa il De Nicola di Sesto, che confina con il nostro quartiere". E questo sconfinamento è finito col diventare materia legale.

«Il primo anno di liceo – prosegue papà Stefano – tutto è filato liscio: ci siamo rivolti al Comune di Milano per il trasporto casa-scuola e dal Comune ci è stato assicurato che avrebbero coperto per intero la spesa ma che avremmo dovuto provvedere noi a contattare un ente disponibile a prestare questo tipo di servizio. E così è stato: noi ci siamo organizzati con una cooperativa e il Comune ha rimborsato l’intera somma". Il problema si presenta l’anno successivo: "All’inizio del secondo anno di liceo (quindi all’inizio dell’anno scolastico iniziato a settembre 2018 e terminato a giugno 2019 ndr ), quando il Comune ci dice non solo che avremmo dovuto provvedere noi a reclutare una coop, esattamente come l’anno prima, ma anche che, a differenza dell’anno prima, il rimborso non sarebbe stato totale ma parziale". Molto parziale, a dire il vero: 960 euro a fronte di una spesa annua complessiva di 6.700 euro. Quei 960 euro, tra l’altro, arrivano dalla Regione e gli uffici di Palazzo Marino, di fronte alle domande di Comi, non lo nascondono, anzi fanno sapere che spettava proprio alla Regione mettere l’amministrazione nella condizione di poter coprire tutta la spesa sostenuta dalla famiglia. Non solo: "Il Comune ha evidenziato un secondo problema: il liceo frequentato da Beatrice era fuori dai confini cittadini".

Da qui il ricorso che si conclude con un’ordinanza del tribunale che impone al Comune e alla Regione (chiamata in causa proprio da Palazzo Marino) di rimborsare alla famiglia Comi quei 6.700 euro spesi per il trasporto scolastico nel secondo anno di liceo e di provvedere a coprire tale spesa anche per gli anni successivi. Palazzo Marino e Palazzo Lombardia provvedono esclusivamente al rimborso relativo al 2018-2019 e impugnano la sentenza. "L’appello – spiega De Luca, avvocato della famiglia – non intacca l’esecutività di un’ordinanza di primo grado, quindi la famiglia Comi avrebbe dovuto continuare a percepire i contributi necessari a coprire le spese del tragitto casa-scuola anche gli anni successivi, ma così non è stato".

Dal terzo al quinto anno di liceo, il debito di Comune e Regione è salito a 15mila euro. Soldi che ora, per effetto della sentenza della Corte d’Appello, dovranno essere liquidati a Beatrice e alla sua famiglia. "La condotta discriminatoria – si legge nella sentenza – non si sostanzia solo nella mancata rifusione delle spese sostenute per il trasporto di Beatrice presso l’istituto scolastico e, quindi, nell’inadeguatezza dei rimborsi riconosciuti dalla Regione, ma anche nella mancata organizzazione del servizio da parte del Comune". "Il ricorso dopo il primo grado, da parte di una Giunta comunale che non fa che vantarsi di essere inclusiva, è stato il più grosso pugno nello stomaco – racconta Stefano Comi –. Dopo esser stati lasciati soli, dopo aver provato tanta frustrazione, siamo felici dell’esito della nostra lotta".

 

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