Scuola, Fontana sfida la Azzolina: "Non ti piace? Impugna l’ordinanza"

La lettera del governatore al ministro dell’Istruzione: gli studenti delle superiori sono il 24% del totale e non abbiamo altra via per alleggerire la pressione sui mezzi

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di Giambattista Anastasio

"Gentile Ministro Azzolina, rimetto alla Tua valutazione le eventuali azioni nelle sedi deputate per impugnare il mio provvedimento. Cordiali saluti, Attilio Fontana". Con queste parole il presidente della Regione Lombardia ha rispedito al mittente l’invito rivoltogli dalla titolare del dicastero dell’Istruzione a trovare soluzioni differenti dalla didattica a distanza per contenere i contagi da Coronavirus. Il messaggio del governatore al ministro è chiaro: se il mio provvedimento non ti piace, assumiti la responsabilità di impugnarlo. Una sfida in piena regola.

A suscitare l’ira di Lucia Azzolina è stata l’ordinanza varata mercoledì, quella con la quale la Regione ha reso obbligatorie da lunedì 26 ottobre le lezioni a distanza nelle scuole superiori e negli istituti professionali della Lombardia. Negativa, sul punto, anche la reazione dei 12 sindaci delle città capoluogo lombarde e dell’Anci, che chiedono l’alternanza tra lezioni a distanza e lezioni in presenza. "Sono totalmente contrario alla sola didattica a distanza" ha detto il sindaco Giuseppe Sala. Per questo ieri il governatore, i primi cittadini e Anci si sono nuovamente incontrati, ma senza approdare ad alcun accordo. Oggi il bis. Alcune possibili vie d’uscita per superare lo scontro tra Regione e Comuni hanno già fatto capolino. La prima è interpretare in modo meno stringente l’ordinananza e concedere quindi discrezionalità, nei tempi e nei modi di avvio della didattica a distanza, almeno a quelle scuole che sono più indietro o fanno più fatica ad adeguarvisi. Non a caso Melania Rizzoli, assessore regionale all’Istruzione, ieri ha incontrato il direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale chiedendo di avere entro lunedì 26 ottobre "i dati della mappatura della diffusione della didattica digitale integrata, assieme a quella delle istituzioni che hanno modulato la gestione degli orari di ingresso e di uscita degli alunni, anche attraverso l’eventuale utilizzo di turni pomeridiani e disponendo che l’ingresso non avvenga in ogni caso prima delle 9". Detto altrimenti: la Regione vuole capire quante scuole abbiano effettivamente adottato modelli di organizzazione flessibili e quante invece no. Non va poi dimenticato – altra possibile via d’uscita – che la stessa Regione nelle scorse settimane aveva ipotizzato le lezioni da casa solo per gli ultimi anni delle superiori. Più remota, ma presente, la possibilità di misure differenziate tra le province: più restrittive dove il virus colpisce più duramente (Milano in primis) e meno restrittive dove i numeri dei contagi sono più bassi. Solo oggi si capirà se e come si ricomporrà lo scontro. Al momento la linea di Fontana non cambia. E anzi: l’invito al ministro di impugnare l’ordinanza arriva dopo una puntuale elencazione dei motivi che hanno indotto la Regione a puntare sulla didattica a distanza.

"In Lombardia – fa presente Fontana – ci sono 1,7 milioni di studenti, di cui 415mila delle scuole superiori, pari al 24% del totale. La mobilità degli studenti over 14 (pari a circa 950mila spostamenti in sola andata) rappresenta circa il 10% degli spostamenti nei giorni feriali. Focalizzando l’attenzione sugli studenti over 14 in Lombardia si rileva un utlizzo dei mezzi pubblici pari al 44,5% e dei mezzi privati a motore del 40,2%. Circa un quarto degli spostamenti con mezzi pubblici – fa notare ancora Fontana – è correlato ad un motivo di studio (27% degli spostamenti sul trasporto pubblico locale su gomma e 18% su ferro)". Numeri che, secondo la Regione, dimostrano la capacità della didattica a distanza di ridurre gli affollamenti sui mezzi pubblici soprattutto nelle ore di punta del mattino: dalle 7 alle 8.30 si concentra tra il 60 e il 75% dei movimenti per motivi di studio, si precisa nella missiva. Un’alternativa per svuotare i mezzi pubblici al momento non c’è, non per il presidente lombardo, che spiega: "Le risorse disponibili in termini economici, di personale e di parco mezzi non permettono un potenziamento del trasporto pubblico nelle fasce orarie di punta". Ci fossero i soldi, si potrebbe ricorrere ai bus di società private, ad esempio quelle del trasporto turistico, oggi fermo, ma i soldi per ora non ci sono: "Abbiamo infatti ripetutamente segnalato (al Governo ndr) che per il potenziamento del servizio, oltre al necessario tempo organizzativo, sarebbe stato necessario lo stanziamento di 200 milioni che saranno stanziati solo nella legge di bilancio di previsione 2021 – scrive sempre Fontana –. Le risorse attuali non permettono un potenziamento".

Il terzo elemento che il governatore pone all’attenzione del ministro è la proiezione sull’evoluzione dei contagi: come reso noto nei giorni scorsi, in Lombardia, tra una settimana, si rischia di avere 600 persone ricoverate in terapia intensiva e quattromila nei reparti. Da qui l’invito, o la sfida, rivolto al ministro, quello di assumersi la responsabilità, alla luce della situazione descritta, di impugnare l’ordinanza lombarda. "Domani (oggi ndr) faremo un nuovo incontro coi sindaci – ha confermato Fontana ieri sera –, ma purtroppo i dati sconsigliano qualsiasi tipo di cambiamento dell’ordinanza. Uno dei punti focali di questa crisi sta nel trasporto pubblico. Abbiamo chiesto da tempo risorse per aumentare le corse. Non le abbiamo avute".

mail giambattista.anastasio@ilgiorno.net

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