Scuola, al via le assunzioni: "Finalmente ho una cattedra"

Tra i neoassunti c’è chi insegna da 12 anni, chi cambia lavoro e chi parte senza famiglia

Ufficio scolastico regionale Lombardia

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Milano, 25 agosto 2019 - «Finalmente»: l’esclamazione ricorrente alle porte del provveditorato, in via Soderini. C’è chi si presenta all’appello con la famiglia al seguito, pronto a firmare e a scegliere la sede, e chi esce col contratto indeterminato in pugno e chiama a casa: «Ce l’ho fatta. Sono quasi emozionata». Hanno vinto tutti un concorso per essere lì, nella scuola lavorano da anni.

«È dal 2005 che insegno topografia alle superiori - spiega Amodeo Nicotra, 44 anni, di Agrigento - l’anno scorso ho superato il concorso per entrare in ruolo. In Sicilia sono già in esubero per la mia materia, che qui serve. Ho scelto di partire anche se mia moglie ha la cattedra lì e abbiamo due figli. Sono sacrifici... Ma ogni anno le scuole di Palermo dove insegnavo perdevano classi, solo Milano cresce». In attesa ci sono anche ex ingegneri, ex tecnici. «Tanti di noi hanno i capelli bianchi o non ne hanno proprio - cerca di sdrammatizzare Michele -. Ho iniziato a scuola nel ’97 e ci sono stato fino al 2000, poi ho scelto di lavorare in un’industria. Mi ricordo che in quegli anni mi chiedevano: “Che fai nella vita? Insegni o lavori?”. Non è così, soprattutto oggi. C’è poca consapevolezza del lavoro che richiedono i ragazzi: la scuola ti prende completamente». In classe è tornato nel 2011, l’azienda nella quale lavorava ha chiuso i battenti, la scuola aveva bisogno. Insegnava a Brescia, da settembre sarà prof di tecnica e costruzioni a Milano. Farà la spola.

Fra i neoassunti alle superiori c’è Rosa Borrachina, spagnola: è arrivata a Milano per amore 12 anni fa. Insegna da sei anni, avrà la cattedra in francese: ha vissuto per anni in Francia, si è laureata lì. «Ho lavorato anche sul sostegno - racconta - sto aspettando di capire dove insegnerò. Nei licei non c’è posto, sarò in un tecnico o al professionale. Mi piacerebbe il turistico. Ma ci vorrebbe più organizzazione in Italia: il sistema scolastico è troppo concentrato sui voti, sulla competizione, fai fatica a portare novità. Bisognerebbe imparare a lavorare più sulla parte emotiva, come nei Paesi nordici». A pochi metri c’è un’altra Rosa, con una piccola di otto mesi accanto: è la seconda in lista per “Costruzione e disegno tecnico”. Spera di formare futuri geometri. Emanuela Barbuto ha appena conquistato il suo posto a tempo indeterminato: «Insegno inglese da quasi 14 anni nei licei e alle medie di Monza e Brianza. Fra poco sarò in un istituto tecnico di Milano», sorride chiudendosi alle spalle il portone di via Soderini.

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