MASSIMILIANO MINGOIA e NICOLA PALMA
Cronaca

Savini, arriva la stangata sull’affitto. Il rincaro annuo è di 319mila euro

Il ristorante, salvato dal Tar, dovrà versare 856mila euro al Comune

Il ristorante Savini a Milano

Milano, 5 novembre 2016 - Il Savini in Galleria è salvo, è una «bottega storica», ma dovrà sborsare 319mila euro di affitto in più ogni anno al Comune. Il nuovo contratto di affitto (9 anni più altri 3 opzionali) tra l’amministrazione comunale (proprietaria dell’immobile) e lo storico ristorante nel Salotto dei milanesi è pronto: il Savini dovrà pagare 856.656 euro all’anno (già tenuto conto della riduzione del 10 per cento per il riconoscimento di bottega storica) per i 661 metri quadrati occupati in Galleria Vittorio Emanuele. Una cifra più alta del 40 per cento rispetto al precedente canone d’affitto, che ammontava a 537mila euro.

Il confronto tra le due cifre fa una certa impressione: 319mila euro in più all’anno, 26.500 euro in più al mese, 874 euro in più al giorno. Il nuovo affitto annuale di 856.656 euro equivale a 2.347 euro al giorno. Carissimo il prezzo per restare nel Salotto dei milanesi. Stangata comunale sul Savini, dunque, ma al ristorante poteva anche andar peggio. Dopo un esposto del consigliere comunale Basilio Rizzo, infatti, l’Anac (l’Autorità nazionale anticorruzione) aveva bocciato il rinnovo del contratto d’affitto senza gara per il Savini in quanto «bottega storica». La Giunta comunale, a quel punto, ha congelato il rinnovo del contratto. Immediato il ricorso al Tar da parte dei gestori del ristorante. I giudici amministrativi, a giugno, hanno dato ragione al Savini: è una bottega storica, e dunque il Comune può rinnovare il contratto di locazione senza aver bisogno di indire una gara pubblica. Il Savini è salvo, ma è arrivata la stangata.

Rischiano invece di restare fuori dall’Ottagono altri due ristoranti con i contratti di affitto in scadenza nelle prossime settimane: la Locanda del Gatto rosso e Il Salotto. Sì, perché, a differenza del Savini, i titolari di quelle attività commerciali hanno perso in primo grado: con due ordinanze-fotocopia, il Tar ha respinto i ricorsi cautelari, ritenendo legittimo il rifiuto di Palazzo Marino (di fatto dettato dall’Anticorruzione di Raffaele Cantone) di rilasciare la concessione ai due locali in questione. Il motivo: non esistono «motivi di interesse generale (vedi la storicità dell’esercizio, ndr)» tali da far derogare al principio della gara pubblica. Ovviamente, gli sconfitti hanno fatto appello in Consiglio di Stato; in attesa che i giudici di Palazzo Spada si pronuncino, potrebbe scattare una proroga di qualche mese. In campo, a difesa degli esercenti, c’è Epam-Confcommercio, rappresentata in Galleria dal delegato Pier Antonio Galli: «Le piccole realtà vanno tutelate – argomenta – come peraltro previsto anche dalle direttive comunitarie». E se alla fine non ci saranno alternative alla gara, «ci batteremo affinché Locanda del Gatto rosso e Salotto abbiano almeno il diritto di prelazione», sul modello del caso Gucci-Illy.