Morto Francesco Saverio Borrelli: "Era attento alle sentenze non alle prime pagine..."

Armando Spataro, ex procuratore di Torino e ancora prima aggiunto a Milano, ha ricordato il capo del pool di Mani Pulite scomparso: punto di riferimento per tutti

Francesco Saverio Borrelli (Ansa)

Francesco Saverio Borrelli (Ansa)

Milano, 21 luglio 2019 - «Tutti ricordano Borrelli per il suo invito a ‘resistere, resistere, resistere’, che non era solo indirizzato a noi magistrati milanesi, ma anche e soprattutto a tutti gli italiani» che negli anni di Mani Pulite e in quelli immediatamente successivi vivevano «in una situazione di generale degrado in cui rischiava di finire tutto il Paese, non solo la magistratura». Sono parole cariche di affetto per Francesco Saverio Borrelli quelle con cui Armando Spataro, ex procuratore di Torino e ancora prima aggiunto a Milano, ha ricordato il capo del pool di Mani Pulite scomparso ieri mattina.

«Era un periodo in cui anche i principi generali della Costituzione e del diritto venivano messi in forse e rischiavano di subire degli strappi», sottolinea ancora Spataro, per anni in prima linea nella lotta alla mafia e al terrorismo. E nel 1994, quando Antonio Di Pietro lasciò le indagini su Tangentopoli, Borrelli lo invitò a raccoglierne il testimone. Tra le tante qualità di Borrelli, Spataro ha voluto ricordare «la sua grande cultura, ma non solo quella musicale o letteraria, di cui tutti erano a conoscenza, soprattutto la sua cultura giuridica eccezionale, quella che noi definiamo cultura giurisdizionale». L’ex procuratore capo di Milano, però, non era solo un «un grande giurista, ma una persona completa sul piano umano. Una persona ricca». Era animato dal desiderio di insegnare ai giovani magistrati che lavoravano con lui «a ragionare come giudici, attenti soprattutto alle sentenze e non alle prime pagine». E anche per questo Spataro e altri sostituti procuratori milanesi, tra cui anche Riccardo Targetti, poi diventato aggiunto a Milano e scrittore di successo, con una lettera indirizzata al Csm nel 1988 ne sostennero la candidatura ai vertici della Procura milanese.

«Era attento a tutto e a tutti – prosegue l’ex procuratore di Torino –. Era capace di seguire i colleghi più giovani come quelli più anziani. Voleva conoscere i problemi tecnici e umani. Ricordo che di fronte ad ogni bisogno, sfogo o problema, era il punto di riferimento per tutti noi, per lui la Procura era come una squadra». E ancora: «Non amava essere chiamato capo, era un titolo che non gli piaceva» e soprattutto era «un magistrato che era pronto a sentire tutti i problemi di qualsiasi tipo nelle indagini che potevano presentarsi per i magistrati». Di fronte a una serie di attacchi durissimi da parte della politica a quelle che venivano chiamate dai detrattori le ‘Toghe rosse’, il suo discorso in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del 2002 «era un invito a tenere la schiena dritta e a ricordare che noi magistrati siamo soggetti soltanto alla legge e che – ieri come oggi – dobbiamo restare estranei alle logiche della politica».

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