MARIO CONSANI
Cronaca

Ambulante ucciso davanti al figlio: spunta l’identikit del killer di Pietro Sanua

Milano, la 'ndrangheta lo punì per aver denunciato le cosche. Svolta nell’indagine

Piero Sanua con il figlio che lo vide cadere sotto i colpi dei sicari

Milano - Ecco l’identikit. È quello di un giovane sui vent’anni o poco più, capelli neri, alto meno di un metro e settanta. Un testimone lo vide, la mattina in cui uccisero Pietro Sanua, ormai 27 anni fa, vicino alla Fiat usata per l’omicidio e poi data alle fiamme. Il disegno fu realizzato subito ma non venne divulgato, servì per le indagini che però non approdarono a nulla. Ora invece per la prima volta questo identikit viene diffuso. Sono gli stessi inquirenti che sperano circoli in modo che qualcuno possa riconoscere quel giovane uomo della metà degli anni ‘90.

Sarebbe una conferma in più, forse. Perché gli investigatori un’idea abbastanza precisa, anche se ormai è passato tanto tempo, ora forse ce l’hanno. La svolta nelle indagini, riaperte un paio d’anni fa e ora coordinate dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci, capo dell’antimafia milanese, era arrivata da un’intercettazione. Un uomo di ’ndrangheta, ascoltato in auto con un compare, che si vantava: "A metà anni ’90 ero ancora minorenne quando io e lo zio abbiamo tolto di mezzo un venditore ambulante a Milano". E la memoria degli inquirenti che lessero la trascrizione relativa a tutt’altra indagine, andò subito all’omicidio finora senza colpevoli di Sanua, ammazzato a colpi di fucile nel febbraio del ’95 mentre col suo furgoncino di frutta e verdura andava al mercato di Corsico insieme al figlio ventenne.

La traccia era arrivata da un’inchiesta della direzione antimafia di una procura del Nordest. L’intercettazione, trasmessa ai magistrati milanesi, ruotava attorno a due personaggi. Uno era quello che si attibuiva l’omicidio, un killer di ’ndrangheta nel frattempo pentito. L’altro, lo “zio“ che nel discorso captato dagli investigatori aveva un nome e un cognome, sarebbe un personaggio di spicco della criminalità organizzata calabrese. È attorno a queste due figure che si sono sviluppati gli accertamenti investigativi tutt’altro che semplici ovviamente, ma che potrebbero essere arrivati ad un punto cruciale. Sanua e il figlio Lorenzo erano insieme la mattina di quel 4 febbraio 1995 quando un’auto si accostò al furgoncino di frutta e verdura che stava guidando Pietro, pronto ad allestire la bancarella al mercato di via Di Vittorio a Corsico. La canna di un fucile spuntò dal finestrino. L’uomo non ebbe scampo, Lorenzo che aveva vent’anni assistette terrorizzato alla sua agonia. Poi il silenzio impotente della giustizia durato 25 anni. L’identikit era stato reso possibile, a suo tempo, dalla testimonianza di un operaio che la mattina dell’omicidio, mentre entrava in fabbrica a Trezzano sul Naviglio, vide un giovane vicino al luogo dove qualche secondo dopo bruciò la Fiat rubata, si scoprì, da cui poco prima era sceso il killer che aveva sparato a Sanua. Gli assassini poi si dileguarono probabilmente su una Lancia Thema.

Quanto al movente dell’omicidio, il figlio Lorenzo, insieme al suo avvocato Nicola Brigida, ha sempre ricordato che suo padre "dava fastidio". Perché Pietro, che era presidente provinciale degli ambulanti affiliati a Confersercenti, aveva denunciato sorteggi pilotati per l’assegnazione degli spazi pubblici agli ambulanti soprattutto nella zona dei cimiteri. E tra i primi aveva anche segnalato traffici di droga tra i grossisti dell’Ortomercato. E poi c’era stato un diverbio per strada, sempre sulla gestione dei mercati, con alcuni componenti della famiglia Morabito legati in qualche modo ai Sergi e ai Papalia, storica presenza di ‘ndrangheta nel Sud di Milano. "Per me Pietro Sanua è a tutti gli effetti una vittima di mafia", ha sempre detto anche il procuratore aggiunto Dolci.