
di Giambattista Anastasio
Il primo ricorso contro il progetto del nuovo stadio di Milano è stato notificato ieri al Tar. Lo hanno firmato l’associazione ambientalista Gruppo Verde San Siro, Basilio Rizzo, ex consigliere comunale nonché presidente dell’aula di Palazzo Marino, e oltre 50 residenti negli immediati dintorni dello stadio attuale, quello di San Siro. Nel mirino ci sono, ovviamente il Comune e i due club: Milan e Inter.
Ad assistere i ricorrenti gli avvocati Stefano Nespor (che fu, tra l’altro, uno dei legali del sindaco Giuseppe Sala nel processo Expo), Federico Boezio e Valeria Sergi. Nel ricorso appena notificato si impugna la delibera con la quale la Giunta comunale, il 5 novembre, ha dichiarato di pubblico interesse la proposta di intervento presentata dalle due società. Le contestazioni rivolte a Sala e ai suoi assessori sono diverse ma hanno la stessa premessa, che può essere così semplificata: Palazzo Marino ha costretto i club a cambiare la loro proposta originaria – datata luglio 2019 – perché contraria al Piano di Governo del Territorio per poi dichiarare di interesse pubblico una proposta bis – datata novembre 2020 – che non è stata e non sarà approfondita né sottoposta all’iter del caso.
"Il provvedimento impugnato ha illegittimamente dichiarato il pubblico interesse su una proposta inesistente, essendo priva sia dello studio di fattibilità che del piano economico-finanziario – si legge nelle 18 pagine del ricorso –. La deliberazione della Giunta ha infatti bocciato senza appello l’indice di edificabilità sulla base del quale lo studio di fattibilità e la sua sostenibilità economica sono stati costruiti nella proposta aggiornata del 2020, imponendo un indice di edificabilità molto inferiore rispetto a quello utilizzato nell’aggiornamento (0,35 in luogo di 0,51). Non è un aspetto di poco conto – rilevano i legali –: da quell’indice dipende infatti quanto si può costruire, quanto costa l’intervento nel suo complesso, quanto ci si può ricavare e quanto il Comune può pretendere a titolo di canone novantennale: nessuno quindi sa, né può sapere se il progetto San Siro è sostenibile sotto un profilo economico e finanziario. Siamo in presenza di un pubblico interesse dichiarato al buio".
Seconda contestazione: "La deliberazione impugnata detta nuove pesanti condizioni, ma non richiede più la presentazione di uno nuovo studio di fattibilità aggiornato: la delibera rinvia acrobaticamente al progetto definitivo consentendo così di saltare completamente la fase di uno studio di fattibilità e di un piano economico-finanziario conformi e coerenti con le condizioni imposte". Si tratta, secondo i legali dei ricorrenti, di una "fragorosa violazione" della legge "che impone che il pubblico interesse sia dichiarato – proprio – su uno studio di fattibilità corredato di un piano economico-finanziario".
Terza contestazione: "C’è stata una prima proposta che ha ricevuto un assenso condizionato dalla Conferenza di servizi. C’è poi stata una proposta aggiornata che non è stata mai sottoposta all’esame della Conferenza, pur essendo evidente che il primo parere non poteva essere ad essa automaticamente esteso, essendo mutati sia lo studio di fattibilità sia il piano finanziario". Quarta contestazione: "L’Agenzia delle Entrate ha formalizzato le proprie stime definendo sulla base di articolate valutazioni e conteggi la somma complessiva da versare all’Amministrazione da parte delle società proponenti per il diritto di superficie novantennale. Però le valutazioni e i conteggi dell’Agenzia sono stati travolti dal provvedimento impugnato che ha fissato un diverso inferiore indice di edificabilità. Le articolate valutazioni e i conteggi dell’Agenzia, essendo oggi del tutto inutili e superati, non possono essere assunti come riferimento per la valutazione del pubblico interesse dell’operazione San Siro". Infine la contestazione relativa al possesso dei requisiti da parte della proprietà effettiva dei duce club, il Fondo statunitense Elliot per il Milan, la società cinese Suning per l’Inter. Requisiti che, sottolineano i ricorrenti, sono ancora oggi in parte dubbi. La conclusione è netta: "Si tratta di un intervento che ha ben poco a che vedere con lo sport, il calcio e anche l’ammodernamento dello stadio – si legge nella nota diramata ieri dai firmatari del ricorso–. È una colossale operazione immobiliare, il cui valore ruota attorno al miliardo di euro, su un’area di circa 281.000 metri quadrati di proprietà comunale, dei quali solo il 14% sono oggi occupati dallo stadio".
mail giambattista.anastasio@ilgiorno.net