Rossana Alberi e Alessio-Pasquale: un amore da film, uniti nella vita e nel lavoro

Il marito s’inventò un’altra identità per poterle stare vicino e aggirare i pregiudizi degli anni ’50 Soci, oltre che sposi, nel momento buio lei ha l’idea giusta: uno showroom di abiti in soggiorno

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Milano – Lui sale sul suo stesso autobus. Lei non sa chi sia, non lo ha mai visto. Eppure sente di conoscerlo: deve trattarsi dell’uomo del quale le ha accennato un’amica, che ne aveva raccolto la confessione. Quello che si è invaghito di lei un giorno che l’ha vista uscire dal negozio in cui lavora. Da allora ha preso a pedinarla senza trovare il coraggio di presentarsi, senza mai scendere dalla sua Fiat 1400. È salito sul bus, ora. È un bel ragazzo, pensa lei, mentre avverte che qualcosa sta per accadere. Uno scambio di sguardi, di quelli che vogliono comunicare esattamente ciò che fingono di nascondere. Lui le si avvicina, le sfiora la mano. Lei non la scosta. Lui la invita ad andare a bere qualcosa, lei accetta. Deve avere qualche anno in più di me, pensa ora, mentre lo guarda scendere dal bus. Lei ne ha 17, lui 21. Qualcosa è accaduto.

Sinfonie al telefono

È passato qualche mese da quell’incontro. Lui lavora spesso di notte, lei ama il pianoforte e sogna di fare la concertista. Lui in quelle notti, appena resta solo in ufficio, compone sempre lo stesso numero di telefono, lascia la cornetta sulla scrivania e... aspetta. Lei, invece, appoggia la cornetta sulla mensola di casa più vicina al pianoforte, poi... inizia a suonare. Suona per lui. La musica entra in una cornetta ed esce dall’altra, un filo di note li unisce, sale da un pianoforte alla periferia sud-est della città ed entra in un commissariato di polizia del centro. Sì, un commissariato di polizia. Ma lei non lo sa ancora, non conosce la vera identità di lui. "Un giorno mi ha guardato e mi ha detto: non sono chi ti ho fatto credere di essere!".

Menzogne a fin di bene

Sembra il copione di un film. È biografia. È la storia di Rossana Alberi e Alessio D’Alessio. Rossana è nata in una famiglia di sarte: "Lo erano mia madre e mia zia". Per questo Alessio le aveva detto di essere il direttore di un cotonificio. Del resto, il bus sul quale si era rivelato conduceva alla Fiera del Tessile.

"Da piccola cucivo i vestiti delle mie bambole, tuttora ne faccio per mia figlia o per amici e conoscenti", racconta Rossana, 89 anni tra poco: è nata a Milano a luglio del 1934. E da genitori milanesi. "Quando verrò meno io, non rimarrà nessun milanese in famiglia, Katia è figlia di un...".

Alessio all’inizio le disse di essere di Bolzano. Era lucano, invece. E non si chiamava Alessio ma Pasquale. Quel nome, però, avrebbe tradito le origini. E se ne trovò un altro. "Ce le aveva tutte – scherza lei –: era meridionale e come tanti meridionali entrò in polizia. Erano gli anni ‘50, nella Milano di allora c’erano pregiudizi. Lui, per conquistarmi, si diede un’altra identità. Solo a poco a poco mi si è rivelato!".

Il matrimonio “in incognito”

Rossana sulle prime non gliela fece passare liscia: "Troppe bugie! Gli dissi che era finita". Alessio, fu Pasquale, le chiese di rimanere amici. Lei accettò. "Tre anni dopo me lo trovai sotto casa, una sera, all’improvviso. Fu la svolta: 8 anni di fidanzamento poi nel 1962 ci sposammo".

E che matrimonio! "Per la mia famiglia lui continuava a essere Alessio, non ero riuscita a dire ai miei che mi aveva sempre mentito sul nome. Così inviammo ai parenti partecipazioni diverse: su quelle destinate ai suoi scrivemmo ‘Pasquale’, su quelle destinate ai miei ‘Alessio’. Fu il prete a guastare tutto: nel momento clou della cerimonia chiese a Pasquale se volesse prendermi in sposa".

Un altro colpo da film. "La mia famiglia scoprì solo in chiesa il nome di colui che era appena diventato mio marito". Lo sarebbe rimasto fino al 2019, quando morì. Nel mezzo, 57 anni di unione. Marito e moglie, ma anche soci. "Pasquale ad un certo punto lasciò la polizia per lavorare nel recupero crediti. Riuscii a fare carriera e ci mettemmo in proprio, insieme. Io lasciai il posto da segretaria in Assolombarda. L’attività andava molto bene. Tutto cambiò quando le banche iniziarono a fare a loro volta finanziamenti per l’acquisto delle auto, negli anni ‘80. Allora siamo stati costretti a chiudere e abbiamo passato momenti difficili, soprattutto lui".

Esperienza pionieristica

Rossana, invece, ha da sempre caro un credo: "Mettersi in gioco in ogni situazione. Non pensare mai negativo". Così decide di tornare alle origini, alla passione per la sartoria, e consegue la licenza da ambulante. La somma di quella passione e quella licenza fu qualcosa di pioneristico: "Allestimmo il nostro soggiorno – in via Muratori, allora – con pareti trasparenti e banchi, specchi e tende, e iniziammo a vender abiti in casa". Uno showroom ante-litteram. "Organizzai anche tre sfilate. Il campanello suonava a tutte le ore".

Rossana non ha ancora smesso con la sartoria. Non c’è più sua madre, non c’è più sua zia, non ha più le sue bambole né suo marito. Resta Milano, però. Ambientazione irrinunciabile di questo film: "Non la lascerei per nessuna ragione al mondo". E nel cuore le sobbalza un ricordo: quello di nonno Luigi, che non volle abbandonare la città nemmeno durante la guerra.

"Dopo ogni bombardamento mio padre e mia madre partivano da Castiglione Olona, dove ci eravamo rifugiati, e raggiungevano Milano in bicicletta solo per accertarsi che quel testardo del nonno fosse ancora vivo".

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