Rosario D'Onofrio, come ha potuto un narcotrafficante diventare pm degli arbitri?

Summit d’urgenza della Figc per capire cosa non abbia funzionato nei controlli. Grande imbarazzo in Federazione per la nomina a procuratore generale di un condannato per droga

Milano, 14 novembre 2022 - Un'affannosa rincorsa fuori tempo massimo per mettere una pezza a una situazione che sta creando notevole imbarazzo ai piani altissimi del calcio italiano. Un vertice per rispondere a un interrogativo che circola da 72 ore nelle stanze del potere del pallone: com’è stato possibile che Rosario D’Onofrio, arrestato dalla Finanza il 20 maggio 2020 con 40 chili di marijuana e condannato cinque mesi dopo a 2 anni e 8 mesi di reclusione, sia stato scelto come procuratore generale dell’Associazione italiana arbitri il 6 marzo 2021 dalla nuova gestione targata Alfredo Trentalange? 

Martedì mattina si terrà una riunione d’urgenza del consiglio federale della Figc, convocata dal presidente Gabriele Gravina, per fare "una riflessione politica" e "approfondire" la paradossale ascesa dell’ex militare, arrivato a ricoprire uno degli incarichi più prestigiosi e delicati dell’Aia, quello di coordinare chi indaga sui direttori di gara che commettono infrazioni o rilasciano dichiarazioni lesive di altri tesserati. La promozione di D’Onofrio genera immediatamente un’altra domanda: chi (non) ha verificato i suoi requisiti? Sì, perché sono trascorsi più di 21 mesi dalla nomina del quarantaduenne della sezione di Cinisello Balsamo senza che nessuno abbia avuto alcunché da obiettare.

La questione è riemersa solo perché giovedì il suo nome è comparso tra i 42 arrestati dell’operazione Madera della Dda di Milano, che ha definitivamente smantellato due gruppi criminali che tra 2019 e 2021 avrebbero movimentato almeno sei tonnellate di hascisc e marijuana sulla rotta Catalogna-Lombardia. Già giudicato per l’arresto del 2020 alla barriera dell’Autolaghi (con sentenza divenuta irrevocabile il 9 settembre 2021), D’Onofrio alias "Rambo" è finito nuovamente in cella con l’accusa di essere uno degli "organizzatori del sodalizio criminale" che trafficava droga in quantità industriale. Agli atti dell’indagine dei pm Rosario Ferracane e Sara Ombra, ci sono chat criptate, dal contenuto "fin troppo evidente" per il gip Massimo Baraldo, in cui emerge il ruolo di primo piano che D’Onofrio avrebbe ricoperto all’interno della banda fino al giorno in cui è stato fermato col carico di stupefacenti nell’Iveco Daily noleggiato qualche ora prima dalla compagna (ai domiciliari). Di più: nel periodo del lockdown, è diventato decisivo per gli affari del gruppo, visto che la mimetica che indossava gli consentiva di muoversi liberamente e di passare indenne i controlli delle forze dell’ordine. "Io vado in giro e faccio quello che voglio", diceva il 30 marzo 2020.

 

 

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