Robinho accusa l’Italia: "Tribunale razzista. Condannato perché non sono un bianco"

L’ex attaccante di Milan e Brasile sulla condanna a nove anni per violenza sessuale: "Troppi pregiudizi. Non fossi straniero sarebbe andata in modo diverso"

Robinho ai tempi del Milan

Robinho ai tempi del Milan

A pochi giorni dal processo bis in Brasile, Robinho rompe il silenzio e attacca l’Italia dopo la condanna a una pena di 9 anni da parte del Tribunale di Milano. Associa la decisione dei giudici a un episodio di razzismo da parte della giustizia italiana: "Se le accuse fossero contro un italiano bianco, di sicuro sarebbe andata diversamente. Con la quantità di prove che ho, non sarei condannato", ha detto l’ex giocatore parlando alla televisione brasiliana RecordTv.

Raggiunto da un mandato internazionale d’arresto, il Governo brasiliano ha sempre negato l’estradizione del giocatore. Mercoledì, il Supremo tribunale di giustizia brasiliano (Stj, equivalente alla Cassazione) deciderà se omologare la sentenza italiana e far scontare in Brasile la pena di 9 anni a Robinho. Nell’intervista, l’ex attaccante della Selecao e del Milan ha confermato di aver avuto una breve relazione con la donna che lo ha accusato di violenza carnale, ma ha sostenuto che era stata "consensuale". Si sarebbe trattato, insomma, stando a quanto racconta, di un rapporto consensuale. "Abbiamo avuto un rapporto superficiale e veloce – ha raccontato –. Ci siamo scambiati dei baci, poi sono andato via. In nessun momento mi ha respinto, mai mi ha chiesto di fermarmi. C’erano altre persone lì che hanno assistito". E poi l’affondo: "Quando ho visto che voleva continuare con altri ragazzi, sono tornato a casa. È stato consensuale. Avrei potuto negarlo, perché il mio Dna non c’è. Ma non sono un bugiardo e ho detto come sono andate le cose", ha aggiunto.

“Ne ho viste di storie di razzismo con i miei compagni, vedi Balotelli, Boateng, e purtroppo succede ancora oggi. E cosa ha fatto la giustizia italiana? Niente". I fatti per cui il giocatore è stato condannato risalgono al 2013, quando il brasiliano giocava nel Milan. Nel corso di una serata in un locale della movida milanese, in compagnia di alcuni amici aveva abusato sessualmente di una 23enne. Nelle motivazioni della sentenza, il giudice del Tribunale di Milano aveva sottolineato come Robinho e l’altro imputato (un amico presente alla serata) abbiano mostrato un "assoluto disprezzo per la giovane donna esposta a ripetute umiliazioni, oltre che ad atti di violenza sessuale", descritta nelle loro conversazioni intercettate "con epiteti (…) e termini spesso crudi e sprezzanti, segni inequivocabili di spregiudicatezza e quasi di consapevolezza di una futura impunità". Le intercettazioni con cui il calciatore raccontava quanto era successo avevano fatto parecchio scalpore: "Ho dormito con lei, ho avuto un rapporto ... e me ne sono andato. Gli altri sono rimasti lì. È la sua parola contro la nostra però. Non può accusarci in alcun modo perché non c’erano telecamere e sarà un po’ difficile dimostrare che è stata violentata se non è rimasta incinta. Ma se ha avuto un figlio allora è un problema". Ora Robinho, che è sempre rimasto a piede libero potrebbe finire in manette.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro