Roberto Franceschi Cinquant’anni di lotte l’eredità di Lydia e l’aula della Bocconi

L’omaggio dell’ateneo allo studente ucciso nel 1973 dalla polizia

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di Andrea Gianni

MILANO

L’eredità di Roberto Franceschi, la sua "vendetta", sono borse di studio per decine di giovani: dalla rabbia dei familiari è nata "un’occasione per migliorare la società". Al "bocconiano da trenta e lode", ucciso mezzo secolo fa da un proiettile sparato la sera del 23 gennaio 1973 da un’arma in dotazione alla polizia durante uno scontro con studenti e lavoratori, ora è intitolata l’Aula Maggiore dell’ateneo. Un gesto simbolico per ricordare una vicenda di "giustizia negata" per i familiari, ma anche di battaglie portate avanti dalla madre di Roberto Franceschi, Lydia Buticchi, che fu staffetta partigiana e insegnante e dopo l’omicidio ha lottato fino all’ultimo, con al fianco la figlia Cristina, perché fossero riconosciute le responsabilità e per portare avanti la memoria. Lydia si è spenta a Milano, all’età di 98 anni, il 29 luglio del 2021. In un’intervista al Giorno, nel 2020, aveva raccontato la sua ricerca della verità, con un percorso processuale durato 26 anni, ricordando amaramente che "nessuno ha pagato per la morte di mio figlio".

Il 23 gennaio 1973 Roberto Franceschi, 20 anni, fu colpito alla nuca da un proiettile e morì dopo una settimana di agonia. La Questura sostenne che l’agente Gianni Gallo avrebbe sparato in stato di semi-incoscienza, colto dal panico durante gli scontri con studenti e lavoratori che stavano cercando di entrare alla Bocconi per partecipare a un’assemblea. Nel primo processo i due poliziotti accusati di omicidio preterintenzionale – Gianni Gallo e Agatino Puglisi – furono assolti. Anche il secondo processo, nei confronti del vicequestore Tommaso Paolella imputato per omicidio volontario, si concluse con l’assoluzione. La famiglia decise quindi di agire in sede civile contro il ministero dell’Interno: si accertò che il colpo omicida era partito dalla polizia e che l’impiego delle armi contro i manifestanti era avvenuto in assenza di legittimi presupposti. Grazie a un risarcimento di 600 milioni di lire è stata finanziata la Fondazione Franceschi. La "vendetta" dello studente ucciso, ricordando le parole della madre, sono le borse di studio e i fondi erogati a ricercatori, gettando un seme per migliorare la società. La Bocconi ha ricordato lo studente ucciso mezzo secolo fa con l’iniziativa “50 anni: pochi e tanti“, annunciando l’intitolazione a Roberto Franceschi dell’Aula Maggiore dell’ateneo, anche alla presenza degli ultimi vincitori dei fondi di ricerca. Scrisse di lui un compagno di studi: "Roberto, la sua ferrea volontà, la sua onestà intellettuale, la sua incrollabile fede nella scienza, la sua costante ricerca della verità, il suo amore per la cultura, la sua illimitata fiducia nelle possibilità dell’uomo, dopo la sua morte, hanno aiutato me e molti altri compagni a superare le difficoltà, a correggere gli errori e ad andar avanti".

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