Ritardi dei treni L’"indotto" non considerato

Gabriele

Moroni

La settimana scorsa, come sempre, i ritardi dei treni hanno oscillato dai canonici 15 minuti accademici (ormai ampiamente accettati e entrati nella nostra quotidiana routine) a situazioni più importanti, che ci hanno visti giungere a destinazione oltre 30 minuti dopo l’orario previsto. Non è sul ritardo in sé che mi voglio soffermare, ma su tutto l’indotto che ne deriva. Al mattino, un treno non puntuale (o che comunque può non essere puntuale) ci obbliga a prendere corse molto precedenti rispetto a quelle di cui avremmo realmente necessità per non rischiare di arrivare in ritardo. La sera inizia la roulette russa, in cui non puoi mai sapere se e quando arriverai a casa. E non solo per un po’ di meritato riposo. A volte cerchiamo di incastrare un appuntamento dal medico, dal dentista, anche dal parrucchiere. Ancora peggio per chi ha figli e si organizza al centesimo di secondo con babysitter che devono tornare a casa, pediatra, piscina e altre attività sportive che non sto ad elencare. Purtroppo, non stiamo parlando della gita di piacere, in cui mezz’ora di ritardo è assolutamente irrilevante, ma di vita quotidiana: 15 minuti di ritardo possono innescare una catena di eventi su cui non esercitiamo alcun controllo diretto. Ci troviamo, impotenti, ad accettare tutto questo passivamente, saltando una visita medica qua e un appuntamento là, a causa di un servizio assolutamente non adeguato alla massa di persone che sposta ogni giorno.

Luca, Busto Garolfo (Milano)

Quanto è lunga la giornata del pendolare? Molto più dell’orario di lavoro. Ore perse. Ore nel nulla. Ore tolte alla propria persona, alla famiglia, ad altri impegni, al riposo. Ora sottratte (detto senza retorica) alla vita.

mail: gabrielemoroni51@gmail.com

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