Milano, prima condanna per caporalato sui rider: 440mila euro di risarcimento ai fattorini

Tre anni e otto mesi all’ex intermediario di Uber. Cgil Nazionale e Cgil Milano: "Soddisfatti"

Un rider

Un rider

Milano, 15 ottobre 2021 - E' stata pronunciata a Milano una sentenza di condanna per caporalato relativa all'intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro dei ciclo-fattorini del servizio Uber Eats. Si tratta della prima in questo senso. Il gup Teresa De Pascale ha inflitto una pena al termine del giudizio abbreviato di 3 anni e 8 mesi e il pagamento di una multa di 30 mila euro a G.M.,. uno dei responsabili delle società di intermediazione coinvolte nell’inchiesta del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano, coordinata dal pm Paolo Storari, che aveva portato pure al commissariamento della filiale italiana del colosso della gig economy. Altri due imputati sono stati condannati (2 anni e 1 anno e 6 mesi) ma solo per reati fiscali. La gup ha anche deciso di convertire il sequestro di circa 500mila euro in contanti, disposto durante le indagini, in un risarcimento da 10mila euro a testa per i 44 fattorini entrati nel procedimento come parti civili e da 20mila euro per la Cgil.

Lo scorso 5 luglio lo stesso giudice aveva mandato a processo G.B., manager (sospesa) di Uber, anche lei accusata di caporalato sui fattorini. Udienza per lei il 18 ottobre davanti alla nona penale. Il gup aveva mandato a giudizio pure la società di intermediazione Frc, imputata per la legge sulla responsabilità amministrativa, e accolto i patteggiamenti per caporalato di L.M. (3 anni) e D.D, (2 anni), sempre responsabili delle società di intermediazione di manodopera, e di un altro imputato, M.G.di, per favoreggiamento a 1 anno e 6 mesi. Uber è stata citata come responsabile civile. Secondo la tesi dell’accusa, G.B. e gli altri tre accusati di caporalato avrebbero reclutato rider in Flash Road City e Frc srl “per poi destinarli al lavoro presso il gruppo Uber” in "condizioni di sfruttamento". I lavoratori venivano "pagati a cottimo 3 euro", “derubati” delle mance e “puniti” con una decurtazione dei compensi in caso di comportamenti ritenuti non idonei. La Sezione misure di prevenzione, presieduta da Fabio Roia, era intervenuta col commissariamento poi revocato dopo una serie di misure introdotte da Uber.

Soddisfazione dalla Cgil nazionale e la Cgil di Milano: "In attesa delle motivazioni della prima sentenza di condanna relativa a intermediazione e grave sfruttamento dei rider delle societa' di appalto del gruppo Uber Eats, riteniamo importante che il Gup abbia riconosciuto risarcimenti alle parti civili, in primis i rider e anche la Camera del Lavoro di Milano. Un risultato possibile grazie alla legge 199/2016, fortemente sostenuta dalla Cgil".  "Il risarcimento alla Cgil - prosegue la nota - conferma il ruolo del sindacato di tutela e promozione dei diritti dei lavoratori, in questo caso i rider, esposti al rischio di sistematico sfruttamento. Su questa strada e a favore dell'aumento delle tutele per questi lavoratori - concludono Cgil nazionale e Camera del Lavoro - continuera' quindi l'impegno della Confederazione".

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