Milano, tolto il rene sano: "Vita distrutta"

L’incubo dell’ex prof malato di tumore. Processo al via

Una sala operatoria in una immagine di repertorio

Una sala operatoria in una immagine di repertorio

Milano, 28 settembre 2019 - In ospedale gli hanno tolto il rene sbagliato. Non quello destro aggredito dal tumore ma il sinistro, quello sano. Ha dell’incredibile la vicenda di malasanità che vede protagonista suo malgrado un anziano pensionato oggi 87enne. Partì da Reggio Calabria due anni fa, uno dei tanti pendolari della salute salito nella metropoli lombarda per curarsi al meglio e sperare di vivere. All’ospedale Fatebenefratelli doveva sottoporsi all’asportazione del rene destro affetto da un cancro e l’operazione andò bene, tecnicamente. Solo che i chirurghi commisero il drammatico errore di togliergli l’organo sano. Giuseppe Calabrò, ex insegnante, è ancora vivo ma la sua esistenza è divenuta da allora un calvario, perché per evitare che la neoplasia si espanda è costretto a continue terapie endoscopiche nel capoluogo lombardo, ogni volta partendo dalla Calabria con viaggi interminabili. Fino a quando dovrà comunque togliere il rene malato rassegnandosi alla dialisi, anche perché vista l’età non può subire trapianti. Lunedì davanti al tribunale comincia il processo ai due medici citati direttamente a giudizio dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano: l’allora responsabile della Chirurgia generale del Fatebenefratelli e il secondo operatore, che avrebbero agito «con negligenza, imprudenza e imperizia» e devono perciò rispondere dell’accusa di cooperazione in lesioni colpose gravissime. Calabrò, assistito dall’avvocato Fortunato Renato Russo, si è costituito parte civile chiedendo un milione e mezzo di danni. «L’aspetto incredibile – ha denunciato il figlio Fortunato, un ufficiale medico e quindi esperto del settore – è che nessuno segnò con il pennarello il rene da operare. Mio padre ha la vita distrutta, o meglio quel poco che gli rimane da vivere. Ci siamo costituiti parte civile con l’obiettivo di evitare che errori inescusabili come questo si ripetano».

Nella sua memoria, l’avvocato Russo descrive le pesantissime conseguenze fisiche e psicologiche subite da Calabrò a causa della terribile superficialità dei due chirurghi. La lunga catena di interventi alle vie urinarie cui ora è costretto, tutti in anestesia generale, e che in definitiva, fra l’altro, sono semplici cure palliative dal momento che l’unica possibilità di guarigione è legata alla possibile asportazione dell’unico rene rimasto, quello malato. La conseguenza obbligata sarà però, a quel punto, la dialisi. Per non parlare della «profonda prostrazione psicologica» dell’anziano descritta dal suo legale, legata alla «vistosa contrazione dell’aspettativa di vita» causata dall’errore medico. Ma anche della diversa e ben peggiore qualità dell’esistenza stessa, non essendo l’ex insegnante più in grado di affrontare con la necessaria serenità i rapporti affettivi con figli e nipoti. 

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