
"Io ti do una panchina ma tu hai uno sponsor?". Più che una domanda sembra un ricatto il ritornello che da anni si ripete livello dilettantistico, dove i soldi, soprattutto di questi tempi, non abbondano.
"Chi paga per allenare dovrebbe essere squalificato o radiato – tuona un allenatore lombardo che per anni ha insegnato calcio ai più giovani e conosce perfettamente il meccanismo –. E le società meriterebbero pesanti penalizzazioni".
Poi racconta un aneddoto accaduto a lui stesso: "Ho dovuto sostituire una volta un tecnico che proprio non era capace ma che era stato messo lì solo perché aveva portato uno sponsor parecchio danaroso. Il problema è che ad un certo punto lo sponsor sparì e così anche il mister fu mandato via, tanto più che i risultati non arrivavano". Ma non è tutto.
Il vecchio ma saggio tecnico di provincia ci spiega che nel tariffario della vergogna c’è proprio di tutto: "Un allenatore o un direttore sportivo può rendersi utile in tanti modi: se è ricco paga di tasca propria per una panchina o una poltrona, se è bravo deve portare gli sponsor. O meglio ancora, calciatori di discreto livello. Ma la cosa più assurda è che poi lo stesso allenatore chiede proprio a quei ragazzi che lui ha trasferito in blocco da un club all’altro qualcosa di simile ad una percentuale. Insomma, una “tangente“ su una “tangente“".
Non solo. Poi ci sono quelli che attingono il denaro direttamente dal proprio salvadanaio per andare in panchina, magari versando quote mensili, come se stesse pagando un’automobile a rate. "Un buon allenatore di Serie D o di Eccellenza dovrebbe guadagnare almeno 2mila euro al mese, e invece succede che quella è esattamente la quota che questo giovane mister deve versare per provare ad emergere". Come se allenare una squadra di calcio fosse un privilegio e non un merito o una semplice opportunità di lavoro.
Ma siccome al peggio non c’è mai fine, c’è un’altra “pratica“ oscura da denunciare: "Riguarda i soldi “versati“ agli sponsor. Il meccanismo è semplice: l’allenatore riceve un assegno di 800-1.000 euro a titolo di rimborso spese, ma gli si chiede di “restituirne“ comunque 200 in contanti, soldi che poi vengono girati dal club allo sponsor il quale aveva ufficialmente dichiarato di aver versato una cifra maggiore...".
Giulio Mola