CLAUDIO
Cronaca

Quel mare invisibile di Voghera

Claudio

Negri

A Voghera, come si sa, c’è il mare. Anche il nome, Voghera, è pieno di mare e non soltanto perché fa rima con Bordighera. O perché ha una rotta marina a forza di braccia nel suo futuro: vogherà. C’è ben altro. Qui una volta venivano a schiuma le onde del Golfo Padano, una lunga spiaggia senza ombrelloni, una colatura di quarzo all’ombra delle verdi colline. C’era una volta, c’è ancora: il tempo è solo il risultato di una cieca quadriglia di atomi che cambiano di posto. Con un po’ di impegno, risalendo le alluvioni del Po a colpi di pagaia e di ere geologiche, si può tornare alla Riviera Vogherese, che non è di ponente e non è di levante, ma guarda a mezzanotte le stelle dell’Orsa o della Balena Bianca. Un Mar Ligure capovolto. Da Voghera, lungo le gobbe smemorate della via del sale, si può certamente arrivare a un mare più noto, con una faccia un po’ così. Troppo facile. Molti avrebbero fatto la stessa cosa, in cerca di soggiorni climatici, scendendo da Lodi o da Melzo a bordo di snelle corriere a remi, ignorando però quasi di proposito la Riviera Vogherese e puntando la prua all’ombroso colle del Turchino e, ancora più in là, nel turchino del Ligure. C’è anche chi avrebbe preferito il drakkar, emergendo dalle vecchie, ostinate nebbie padane. Perché anche la nebbia è un mare. Alla Riviera Vogherese si arriva meglio in treno a vapore (avendone uno) o per indizi rivelatori, che sono, manco a dirlo, labili segni di battigia. Come le conchiglie fossili che si possono raccogliere a una certa profondità tra le rocce della zona. “Conghiglia marina, tu meravigli la mente dei fanciulli”. Poggiando l’orecchio si coglierebbe l’eco della risacca di un sugo a sobbollire. Perché la specialità ufficiosa di Voghera sono le penne al pomodoro e vongole. In tersi e ventosi mezzogiorni, quando il bucato garrisce nel cielo fiorito dei terrazzi, superstiti casalinghe e solitari chef per caso mettono in padella quel mare invisibile. E sembra che lo facciano apposta.