MARIACHIARA ROSSI
Cronaca

Proteina lanciata nello Spazio per curare le malattie neurodegenerative: una missione firmata Bicocca

L’ateneo milanese protagonista della prima ricerca medica avvenuta in orbita e sviluppata sulla base di un algoritmo matematico

Emiliano Biasini, biochimico e Pietro Faccioli, professore di fisica teorica
Emiliano Biasini, biochimico e Pietro Faccioli, professore di fisica teorica

Milano – Una proteina lanciata nello spazio potrebbe contribuire allo sviluppo di nuovi farmaci contro gravi malattie neurodegenerative e non solo. L’esperimento nominato Zeprion è decollato il due agosto dalla base di Wallops Island, in Virginia (USA), e verrà ricordato dalla letteratura scientifica come il primo esempio di ricerca nel settore medico avvenuta in orbita e sviluppata sulla base di un algoritmo matematico.

La missione vede l’Università Bicocca attrice protagonista del progetto, e ha come obiettivo portare sulla Terra una fotografia 3D della forma intermedia della proteina prionica, quella coinvolta nelle rare malattie neurodegenerative, prima che raggiunga lo stato finale e che dunque possa attivare il processo di demolizione delle cellule sane.

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"Il metodo alla base della ricerca è stato brevettato nel 2016 - Pharmacological Protein Inactivation by Folding Intermediate Targeting - e si basa sull’identificazione di molecole terapeutiche in grado di distruggere le proteine coinvolte nel processo di ripiegamento – spiega Pietro Faccioli, professore dell’Università Milano-Bicocca e coordinatore dell’esperimento – fino ad ora mancava un tassello fondamentale, però: la possibilità di ottenere un’immagine ad alta risoluzione che confermasse lo stadio esatto in cui la proteina incriminata è ancora inerme e senza mezzi per attaccare. Abbiamo scoperto che questa fase intermedia può essere impiegata come strategia farmacologica ma per essere ripresa è necessaria l’assenza di gravità che in caso contrario interferirebbe con il processo di cristallizzazione dell’immagine".

L’arrivo della navicella sulla la Stazione Spaziale Internazionale, fornita di un vero e proprio laboratorio biochimico in miniatura realizzato da SpacePharma, è previsto per oggi alle 18. A quel punto si attiveranno dei sistemi automatizzati che impiegheranno la radiazione X prodotta con acceleratori di particelle, per fornire una fotografia tridimensionale del complesso con un dettaglio di risoluzione atomico. "Fra circa un mese avremo tutti i risultati a disposizione e potremo cominciare a lavorarci. È difficile fare delle previsioni su quando questa lavoro entrerà effettivamente in commercio ma potrebbe portare una reale rivoluzione per tutti i pazienti oncologici". Se a prima vista fisica teorica e biologia sembravano essere distanti anni luce, oggi, grazie anche a questo esperimento, c’è un motivo in più per investire in studi e carriere accademiche di tipo scientifico.