Processo Maugeri, pena massima per Formigoni: condanna in appello a 7 anni e 6 mesi

Accolta la richiesta dei pm per il massimo previsto per corruzione: "L'ex governatore della Lombardia si è venduto"

Roberto Formigoni

Roberto Formigoni

Milano, 19 settembre 2018 - La Corte d'Appello di Milano ha aggravato la pena, portandola da 6 anni a 7 anni e 6 mesi, per l'ex Governatore lombardo Roberto Formigoni imputato di corruzione nel processo sul caso San Raffaele-Maugeri per aver ottenuto, secondo l'accusa, una serie di utilità, tra cui l'uso di yacht, vacanze e cene, per favorire i due enti con delibere di giunta per circa 200 milioni di rimborsi pubblici. I giudici inoltre lo hanno anche condannato all'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

La procura generale con sostituto Pg Vincenzo Calia e il procuratore aggiunto Laura Pedio aveva chiesto proprio 7 anni e 6 mesi ossia la pena massima per la corruzione in questo caso. É caduta, invece, l'accusa di associazione a delinquere. I pm hanno sottolineato come l'ex presidente della Lombardia si sarebbe reso responsabile di "fatti gravissimi" inquinando "la sua funzione" e si sarebbe "venduto" in cambio di cene in ristoranti di lusso, viaggi e vacanze a cinque stelle , in cambio di una "copertura globale degli interessi" della Fondazione Maugeri e del San Raffaele. In primo grado, Formigoni era stato condannato a 6 anni di carcere. La Corte anche dichiarato per l'ex Governatore lombardo ed ex senatore la interdizione «in perpetuo dai pubblici uffici». Interdizione che diventerà definitiva in caso di conferma della condanna in Cassazione. Confermata dai giudici, inoltre, la confisca «diretta» da 6,6 milioni di euro a suo carico stabilita dal Tribunale nel dicembre del 2016. Confermata anche la provvisionale di risarcimento a favore della Regione Lombardia, parte civile, da 3 milioni di euro che era stata ascritta in primo grado a carico di Formigoni, dell'ex assessore Antonio Simone e del faccendiere Pierangelo Daccò. Questi ultimi due hanno patteggiato nei mesi scorsi. Nelle scorse settimane a carico di Formigoni la Corte dei Conti ha confermato il sequestro di circa 5 milioni di euro. 

Già in primo grado il Tribunale aveva disposto una confisca a carico del solo Formigoni di oltre 6,6 milioni, ossia del presunto prezzo della corruzione, tra porzioni di immobili, compresa metà della villa di Arzachena sequestrata nelle indagini, depositi su conti correnti, auto e quadri. Oggi la Corte d'Appello nel confermare la confisca ha anche richiamato una legge del 2006 che ha ratificato Convenzione e Protocolli delle Nazioni Unite contro il «crimine organizzato transnazionale». E, in particolare, un articolo nel quale si stabilisce che se «la confisca delle cose che costituiscono» il prezzo del reato non è possibile, si «ordina la confisca di somme di denaro, beni od altre utilità di cui il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona fisica o giuridica, per un valore corrispondente» al presunto profitto. A metà agosto, tra l'altro, la Corte dei Conti lombarda ha confermato il sequestro da circa 5 milioni a carico del 'Celeste', compresi vitalizi e pensione per i ruoli istituzionali da lui ricoperti negli anni.

La sentenza penale di primo grado ha stabilito che Formigoni sarebbe stato corrotto con oltre 6 milioni (circa 61 milioni uscirono dalle casse della Maugeri), «ingenti capitali investiti», tra il 2006 e il 2011, dalle società in gran parte estere del faccendiere Daccò e dell'ex assessore Simone per garantirgli «vacanze in località esclusive, disponibilità di imbarcazioni di lusso, uso di dimore di pregio, un altissimo tenore di vita, cene di rappresentanza e viaggi su aerei privati».

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