MASSIMILIANO MINGOIA e MARIANNA VAZZANA
Cronaca

La prima moschea legale di Milano aprirà entro aprile 2024. "Ma non avrà il minareto"

Luogo di culto musulmano negli ex bagni pubblici di via Esterle. Un progetto da 1,4 milioni di euro, ospiterà fino a 3.500 fedeli. FdI e Lega all’attacco

Lo sgombero di via Esterle, dove sorgerà la prima moschea ufficiale di Milano

Lo sgombero di via Esterle, dove sorgerà la prima moschea ufficiale di Milano

Milano – Ci siamo. Entro qualche mese, probabilmente entro il Ramadan del 2024, fissato tra il 9 marzo e l’8 aprile, Milano avrà la sua prima moschea. O, meglio, il primo luogo di culto islamico frutto di un bando comunale e collocato in uno stabile pubblico, gli ex bagni di via Esterle, a pochi passi da via Padova, in uno dei quartieri più multietnici e multireligiosi del capoluogo lombardo. La svolta finale a una vicenda lunga oltre dieci anni – il precedente bando di Palazzo Marino che prevedeva l’apertura di moschee era stato annullato dopo una serie di ricorsi – si è verificata ieri mattina, quando l’immobile di via Esterle è stato sgomberato dopo sei anni dagli occupanti abusivi – un gruppo di immigrati dell’Africa centrale, quasi tutti rider, magazzinieri, addetti alla logistica e alla sicurezza o cuochi – ed è stato subito messo a disposizione della Casa della cultura musulmana, che aveva già uno spazio di preghiera nella vicina via Padova e il 31 maggio 2022 ha vinto il bando comunale per via Esterle.

L’obiettivo annunciato a suo tempo dal presidente del Consiglio direttivo della Casa della cultura musulmana, Asfa Mahmoud, è realizzare una moschea capace di ospitare fino a 3.500 fedeli di Allah, ma senza un minareto. Un progetto da circa 1,4 milioni di euro. La comunità islamica dovrà versare anche 400 mila euro al Comune per il diritto di superficie dell’immobile di via Esterle.

La polemica politica, intanto, infuria. Era già iniziata qualche giorno fa, quando “Il Giorno’’ aveva svelato che lo scorso 10 luglio la Casa della cultura musulmana aveva firmato l’atto che le concedeva il diritto di superficie. Un atto a cui mancava solo un passaggio per potersi concretizzare: lo sgombero di via Esterle dagli abusivi. Così è stato e il Comune ha subito consegnato le chiavi alla comunità islamica perché metta in sicurezza l’immobile e predisponga il progetto definitivo della mosche da sottoporre agli uffici urbanistici municipali.

La vicesindaco Anna Scavuzzo, intanto, annuncia la consegna delle chiavi di Esterle alla comunità e risponde così alle polemiche di Lega e FdI sul rischio di ghetto islamico in via Padova: "Credo che il centrodestra dovrebbe depotenziare l’ostilità anti-Islam. Bisogna distinguere chi commette reati da chi non li commette e non fare di tutta l’erba un fascio".

Il primo a commentare lo sgombero e l’accelerazione sulla moschea era stato il deputato meloniano Riccardo De Corato: "Il sindaco Sala e la sua giunta, che hanno assegnato lo stabile al Centro di cultura islamica per la realizzazione di una moschea, dimostrano ancora una volta di non avere la benché minima idea di quale siano le problematiche e le criticità nelle periferie di Milano". L’eurodeputata e consigliera comunale della Lega Silvia Sardone e il segretario provinciale del Carroccio Samuele Piscina rincarano la dose: "Spiace constatare l’atteggiamento del Comune guida Pd. Silenzio totale sulle occupazioni di case popolari ed edifici dismessi, impegno a trovare soluzioni quando si deve fare la moschea. Segnaliamo non ha i requisiti per la realizzazione di una moschea".

Ieri, intanto, è stato il giorno dello sgombero dei 40 occupanti supportati dal collettivo “Ci Siamo-Rete Solidale" che la settimana scorsa aveva lanciato la mobilitazione permanente chiedendo soluzioni per i senza casa, "tutti lavoratori precari e sottopagati, che non possono permettersi un alloggio a Milano. E nessuno affitta agli stranieri". Poco prima delle 7, le camionette di polizia e carabinieri hanno chiuso via Esterle per liberare l’immobile, con all’interno in quel momento una quindicina di abitanti. Tre di loro, insieme a tre esponenti dell’area antagonista, sono saliti sul tetto per protestare. Organizzato anche un presidio in strada, poi replicato la sera.