MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Milano, viaggio in via Esterle: “Noi, rider precari e magazzinieri in cerca di casa”

Negli ex Bagni occupati da sei anni vivono 40 lavoratori stranieri. Mobilitazione permanente, "lottiamo per dignità e uguaglianza"

Assemblea degli occupanti e volontari degli ex bagni pubblici di via esterle Milano (Ansa/Davide Canella)

Assemblea degli occupanti e volontari degli ex bagni pubblici di via esterle Milano (Ansa/Davide Canella)

È abitudine di tanti appoggiare la borsa all’ingresso di casa rientrando dal lavoro. Succede anche in via Esterle 15, negli ex Bagni pubblici di proprietà del Comune che da sei anni sono dimora abusiva per lavoratori precari senza casa supportati dal collettivo “Ci siamo-Rete Solidale“. Solo che in quell’androne gli attrezzi del mestiere oltre l’uscio sono extra large perché molti sono zaini di rider. Non mancano le biciclette. E chi non ha oggetti da lasciare, ogni sera porta comunque la fatica di una giornata trascorsa a lavorare come magazziniere o vigilante.

Queste sono le occupazioni che vanno per la maggiore tra gli occupanti: una quarantina di ventenni e trentenni che arrivano soprattutto da Gambia, Mali e Costa d’Avorio. A Milano in cerca di futuro. In via Esterle trovano uno spazio comune in cui mangiare e socializzare e poi gli “stanzoni“ con i divisori per dormire. "Nessuno di noi starebbe qui, se potesse andare altrove. Chi non vorrebbe avere una casa e una famiglia?", dice Camarà, trentatreenne della Costa d’Avorio, magazziniere che guadagna poco più di mille euro al mese. "Ma i contratti sono brevissimi. Il più lungo che ho avuto? Di un anno. E sempre tramite cooperative. Ho provato a cercare una casa in affitto ma nessuno si fida di me, vedendomi straniero. Ho anche pagato 200 euro a un’agenzia immobiliare che avrebbe dovuto aiutarmi a trovare un alloggio ma non l’ha fatto". Un problema che accomuna tutti, in via Esterle.

E la mancanza di alternative li preoccupa ancora di più, ora che lo sgombero è imminente perché la Casa della Cultura musulmana ha diritto a entrare in possesso di quello spazio da 650 metri quadri, che si è aggiudicata in via definitiva per 30 anni, per realizzare un luogo di culto islamico. Lo scorso 10 luglio il Comune ha ceduto all’associazione il diritto di superficie degli ex Bagni pubblici e avrebbe dovuto consegnarlo entro un mese, con proroga fino a fine agosto accordata informalmente per cercare di trovare una soluzione per gli occupanti. Ma ancora non c’è.

Venerdì, in via Esterle è iniziata una mobilitazione permanente. Ogni giorno, assemblea alle 19.30. "Agli abitanti – spiega il collettivo – non è stata proposta alcuna soluzione abitativa alternativa. Nella città di Milano nessun lavoratore con condizioni simili a quelle degli abitanti di via Esterle può permettersi di affittare una casa o una stanza, né sul mercato libero né a prezzi calmierati, e neppure può accedere all’offerta di alloggi pubblici limitata alle famiglie con minori o alle persone più povere e fragili".

Non sapendo dove altro andare, in 40 hanno trovaro riparo in via Esterle. "Sono arrivato dal Mali alla Vigilia di Natale del 2015, sbarcando in Sicilia con un gommone – racconta Diallo, di 27 anni –. Lavoro come vigilante ma il mio sogno è diventare panettiere. Guadagno circa 1.100 euro al mese ma il contratto dura solo sei mesi. Sono orfano. Nel mio Paese sono rimasti i miei due fratelli e mia sorella e non li vedo da 7 anni".

Anche Salif, di 22 anni, è originario del Mali. "Io sono un rider, lavoro con partita Iva. Ci sono mesi in cui guadagno meno di mille euro. Mi piacerebbe fare altro, per esempio il magazziniere, se ci fosse la possibilità". Intanto ieri , nel secondo giorno di mobilitazione, sulla facciata è comparso uno striscione-appello: "Città metropolitana di Milano: 200mila lavoratori immigrati non hanno accesso alla casa. Lottiamo per la dignità e l’uguaglianza". E per avere soluzioni, prima dello sgombero.