Precariato e salari giù, cocktail fatale "Su 100 nuovi contratti 70 a termine"

Situazione più critica nella ristorazione con l’80% di avviamenti a tempo determinato: segnali preoccupanti

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di Andrea Gianni

La scala del precariato ha il suo gradino più alto nella ristorazione. Su 100 nuovi contratti di lavoro nella Città metropolitana di Milano, 80 sono a termine e solo 20 sono a tempo indeterminato, in quei bar e ristoranti che in questo periodo lamentano difficoltà nel trovare giovani disposti a lavorare. Situazione opposto invece in banche e assicurazioni, che contano sul totale degli avviamenti a Milano un 65% a tempo indeterminato. In mezzo una media milanese che vede la bilancia pendere sempre di più verso forme di lavoro precarie, in somministrazione o a chiamata. Solo il 30% degli avviamenti nel 2021 è stato a tempo indeterminato, mentre il restante 70% è occupato da contratti a termine di varia natura.

"La tendenza si sta accentuando nei primi mesi del 2022, e per noi è un segnale preoccupante", spiega Antonio Verona, responsabile del Dipartimento mercato del lavoro della Cgil di Milano. L’economia anche legata ai servizi e al turismo sta ripartendo, ma con modalità sempre più precarie. Dati che oggi verranno presentati nel corso della festa della Fiom-Cgil di Milano, con incontri, dibattiti e concerti fino a domani al circolo Arci Pessina Chiaravalle. Anche il settore metalmeccanico conta un 60% di nuovi contratti a tempo determinato, e solo un 40% di assunzioni stabili nell’immediato. "Nonostante gli effetti della guerra, della crisi energetica e delle materie prime l’industria metalmeccanica non si è fermata", spiega Roberta Turi, segretaria generale della Fiom di Milano. "Il problema – prosegue – è che il lavoro straordinario, invece di essere l’eccezione, è diventato la regola. Nell’ottica di risparmiare sui costi, le aziende invece di programmare nuove assunzioni puntano a far lavorare fuori orario chi è già in organico. Così il mercato del lavoro resta bloccato, e il problema del precariato ha anche un riflesso diretto nell’aumento degli infortuni sul lavoro".

Anche guardando i salari, oltre alle forme contrattuali, emerge un quadro a tinte fosche. Nel quinquennio fra il 2015 e il 2020, secondo i dati elaborati da Verona, gli stipendi di operai e impiegati milanesi sono cresciuti del 4%, "ben al di sotto dell’inflazione". Crescita che diventa ancora più bassa, attorno al 2,5%, per i lavoratori con più di 30 anni di età. "È la fascia che per ragioni legate alla cura di figli o genitori anziani è meno disponibile alla flessibilità e agli straordinari – sottolinea Verona – e a pagare il prezzo più salato sono come sempre le donne". Stipendi al palo che, combinati con il carovita, spingono sempre più famiglie verso la povertà.

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