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Dall’incubo della guerra alla passione per i fornelli: così Noor ha cambiato vita

Iraqena, 33 anni, è scappata dal suo Paese nel 2012 per dare alle sue figlie un futuro migliore. E ha deciso di ripartire dal suo amore per la cucina preparando alcuni piatti per i milanesi di GIUSEPPE DI MATTEO

Uno dei piatti di Noor (Patrizia Fiandanese)

Milano, 18 marzo 2016 - A Noor piace tanto cucinare. Quando è ai fornelli prova a dimenticare gli orrori che stanno distruggendo l’Iraq, il suo Paese, dilaniato da una guerra civile che risuona con l’eco delle bombe. Trentatré anni, è arrivata in Italia lo scorso novembre come rifugiato politico, con due figlie di sei e sette anni da tirare su. E solo ora sta cominciando a orizzontarsi, anche se sopperisce alle difficoltà linguistiche con un discreto inglese. 

La cucina è stata la sua salvezza. Con le sue ricette riesce a dialogare con gli altri scavalcando le incomprensioni. Da qualche giorno lavora come personal chef nelle case dei milanesi, e ha anche partecipato a una cena greco-siriana nel ristorante Itaka Greek Food di Milano, organizzata il 16 marzo scorso da Susy Iovieno e Carlotta Ludovica Passerini, volontarie dell’associazione Soserm (Sos Emergenza Rifugiati Milano). A dare una mano ai tavoli c’erano anche Aiman, 30enne siriano di Aleppo, e due ragazzi di origine eritrea. Tutti uniti da un destino comune: guerra e fame, con la fuga a tracciare l’unico solco possibile tra un passato da mettere alle spalle e un futuro da conquistare ogni giorno sognando la normalità. 

Nel 2012 Noor decide di fuggire dal suo Paese, portando le sue figlie con sé, e di studiare ingegneria a Dubai. Un periodo intenso, ma breve. Tre anni dopo, infatti, la scelta di ripartire per andare in Europa: “Non potevo rimanere lì - racconta - a causa di alcuni problemi politici. Così, un amico mi consigliò di tentare di raggiungere l’Italia. Mi considero fortunata perché sono arrivata a Milano in aereo, evitando i viaggi spesso senza ritorno di altri come me”. La sua vera odissea era però nascosta nell’approdo. “I primi mesi in Italia sono stati difficilissimi - ricorda - perché nessuno riusciva a spiegarmi quello che sarebbe successo. Venivo sballottata da un campo di accoglienza all’altro, con due figlie piccole, e mi era stata anche prospettata l’ipotesi di essere mandata altrove. Impacchettata a caso, in base all’umore di certi impiegati. Cosa che non volevo. Tanto che mi stavo rassegnando a vivere da clandestina”. 

Ma sulla sua strada Noor ha avuto la fortuna di incontrare alcune braccia amiche. Come quelle di Susy Iovieno, presidente di Soserm, che con altri volontari svolge la sua attività nell’hub della stazione centrale. È stata lei a prendersi cura di Noor e della sua famiglia: “Quando ho incontrato Noor era impaurita - racconta Susy - ma mi ha detto che studiava e amava cucinare”. E così per una sera il ristorante Itaka si è trasformato in un piccolo melting pot di sapori, e Noor si è confrontata per la prima volta con una cucina professionale. “Ho sempre avuto voglia di stare ai fornelli - sottolinea – e, generalmente, preparo piatti per gli amici, ma adesso ho cominciato a cucinare per tutti. Anche per gli italiani, entrando nelle loro case con le mie idee culinarie. Adoro la lasagna, anche se la preferisco più speziata, e vado matta per i frutti di mare”. Ogni piatto è un capitolo nuovo. E adesso Noor ha finalmente qualcosa di bello da raccontare alle sue figlie.